Politica

La miniera che non vuole morire

Viaggio a Silius /Una comunità intera unita in difesa dell’ultimo giacimento di fluorite europeo. Un piano industriale che nasce dal basso. Ma il mercato (e la Ue)... -di Riccardo Torri

di Redazione

Silius, Gerrei, Sardegna centro-meridionale. Davanti all?ingresso del Pozzo Moscadroxiu, all?ora del cambio turno, Marco fuma l?ultima sigaretta, entra nel carrello elevatore, suona due volte la campana e inizia la discesa, 500 metri verso il basso.Un quarto d?ora prima Luigi suonava quattro volte la campana, l?elevatore cominciava la sua risalita. 500 metri a testa in su, a vedere se fuori oggi è piovuto o se il vento ha spazzato via le nuvole e la sua bambina è potuta andare a scuola a piedi con il grembiule nuovo. Marco Melis e Luigi Cardia sono due dei 180 minatori che si battono per evitare la chiusura della miniera di Silius, ultimo baluardo europeo dell?estrazione di fluorite. Per anni, grazie anche allo spirito di solidarietà di un?intera comunità, è stato un modo per una zona depressa per risollevarsi, affrancarsi dall?emigrazione e costruire una forte identità territoriale. Il rosso e verde Percorrendo le strade del Gerrei si è immersi in un paesaggio per lo più fatto di saliscendi in cui dominano il rosso della terra e il verde di una vegetazione bassa e a chiazze. Ci si accorge subito della sua scarsa attitudine agricola; qualche allevamento, di cui ci si accorge soprattutto dai profumi della tavola, ma pochi per rappresentare un vero elemento di sviluppo diffuso e un?opportunità per coloro che nel Gerrei vogliono continuare a vivere. Di fatto, la miniera rappresenta l?unica opportunità di reddito. L?ultima parola sulle sue sorti spetta alla Ue che, tramite una commissione di esperti, ha il compito di esprimere un parere tecnico-economico che permetta alla Regione Sardegna, maggiore azionista della Nuova Mineraria Silius spa, di deliberare i finanziamenti previsti dal piano industriale. Un primo parere c?è stato, negativo: la Commissione Europea ha rilevato delle infrazioni nei riguardi delle norme anti trust da parte della Regione. Ascesa e caduta La storia comincia negli anni 50, quando il signor Piero Caredda di Silius ottiene i primi permessi per estrarre il minerale che affiora abbondante sulle montagne del Gerrei; ma è grazie all?imprenditore milanese Carlo Giulini, meglio noto come il Conte Giulini, che nasce la Mineraria Silius spa e l?economia della zona diventa dipendente dalla miniera. La richiesta sempre più forte di fluorite da parte dell?industria porta il numero di minatori a quasi 500. Fino al 1992, quando la messa al bando dei clorofluorocarburi (meglio noti come Cfc) mette in ginocchio le realtà più piccole come la Mineraria. Il capitale privato lascia e interviene la Regione Sardegna: nasce la Nuova Mineraria Silius spa, di capitale pubblico per l?80%. Inizia una stretta collaborazione fra presidenza e lavoratori, una sinergia che permette di elaborare nuove strategie: anche chi lavora in miniera propone e sviluppa metodi e strumenti da introdurre nel ciclo di lavorazione. È la comunità intera che partecipa in primis non solo ai benefici ma anche agli sforzi per mantenere in vita la miniera. Ma interviene una novità: la Regione firma il decreto di passaggio della miniera all?Emsa (Ente Minerario Sardo) che diviene proprietario del 99% delle azioni. L?Emsa è un ente prossimo allo smantellamento. Sicuramente non pronto alla sfida di Silius, tanto che nel 1998 propone la liquidazione della Nuova Mineraria entro tre anni, pena la chiusura definitiva. Che poi è il destino di quasi tutte le miniere della Sardegna, quelle dell?Iglesiente, del Sulcis, ormai diventati siti turistici. Parola d?ordine: confronto Inizia un periodo di lotta con occupazioni, assemblee, confronti a tutti i livelli, dai minatori alla cooperativa dei pastori, dalle amministrazioni locali ai parroci. Da questo spirito solidale nasce il piano industriale attualmente in vigore, giudicato positivamente dalla Commissione Europea, e redatto dal nuovo presidente, Piero Fois, in stretta collaborazione con le maestranze della miniera. Per le strade di Silius ma anche di Goni, San Nicolò, San Basilio, Ballao, non è difficile incontrare figli, madri, padri (ex minatori), mogli e fidanzate di chi in miniera ci lavora o ci lavorava. Si scopre così che, da queste parti, un posto in miniera non solo è ambito ma preferito a posti più comodi e meglio pagati. Ben chiaro, nessuno si nasconde che quello del minatore è un lavoro duro e pericoloso: l?ultimo incidente mortale nel giugno 2005. Ma è anche un lavoro che forma dal punto di vista professionale, che arma la vita di onestà e fierezza, intriso di un forte spirito di solidarietà. Dopo l?incidente, le moglie sono volute scendere in miniera, per vedere dove i loro mariti sprofondano per otto ore senza poterli raggiungere «per una parola di conforto, quando i figli fanno i capricci a casa, perché li sotto il cellulare non prende».


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