Mondo

Dal welfare al workfare: 10 anni di riforma USA

The Economist dedica un ampio servizio di bilancio della riforma Clinton. Promossa a pieni voti

di Sara De Carli

Dieci anni fa, nell’agosto 1996, Bill Clinton firmava una legge per la riforma del welfare americano. E gli americani cominciavano un esperimento coraggioso. Così inizia un lunghissimo servizio che The Economist dedica alla riforma del welfare made in Usa. Dichiarandolo un pieno successo della riforma, nata sotto le critiche più aspre da parte dell’Europa. A cui pareva un’eresia il passaggio dal welfare al workfare. E invece. Invece, leggendo l’articolo, pare che quasi tutti i poveri che gravitavano a peso morto sulle finanze dello Stato, oara hanno trovato un lavoro. Per cui i sussidi sono diminuiti di molto: la spesa è riscesa ai livelli del 1970. Lasciano risorse per le situazioni veramente difficili. La Gran Bretagna, i Paesi Bassi, la Danimarca hanno già imitato Clinton. Persino la Francia e la Germania si sono ricredute. «La riforma del welfare non è più guardata come un’idea dura, grezza, della destra americana. Anche per la sinistra la riforma del welfare ora è un modo per reintegrare persone che altrimenti vivrebbero isolate, nell’aparteheid del welfare». Tre le sfide aperte per l’America. Trovare nuove vie per sostenere i bambini figli di genitori disagiati, impossibilitati a trovare un lavoro; aumentere le entrate degli ex assistiti, fromandoli professionalemente e offrendo loro nuove competenze spendibili sul mercato; intervenire sulle ragazze-madre, ancora troppo spesso a carico dello stato. L’Italia non è mai menzionata, né nel bene né nel male. A che punto siamo, noi, con la riforma del welfare?


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