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Europa returns?

Eurofor, il braccio armato dell’Unione europea. In poche settimane può far intervenire 12mila uomini per missioni di pace. La strada per far accettare a Israele una forza di interposizione?

di Paolo Manzo

«Siamo disposti ad accettare una forza d?interposizione, a patto che sia composta solo da paesi europei». Così ripete da giorni il premier israeliano Ehud Olmert, cui ha fatto eco Romano Prodi, poche ore prima della conferenza di Roma. Un?ipotesi praticabile che pochi hanno preso in considerazione è quella di una forza impiegabile sia in ambito Unione europea che Nazioni Unite (ma anche Nato), sia per l?assolvimento di missioni di pace che di gestione delle crisi. Il punto è che questa forza esiste, si chiama Eurofor e potrebbe essere la soluzione innovativa per monitorare il Sud del Libano, soprattutto dopo le esternazioni del governo Olmert. A differenza dei Caschi blu Onu, dove la presenza di militari provenienti da paesi musulmani ed arabi è rilevante ed è vista come fumo negli occhi da Israele, le unità di Eurofor sono infatti composte esclusivamente da italiani, spagnoli, francesi e portoghesi. «Nel quartier generale di Eurofor ci sono attualmente 82 unità di comando, che possono essere mobilitate e intervenire in qualsiasi campo operativo in un lasso di tempo che va dai due ai cinque giorni. Ma se i paesi membri decidono, in massimo un mese possiamo far intervenire sotto i nostri ordini quattro brigate, per un totale di 12mila uomini». Il tenente colonnello portoghese João Paulo Caetano, responsabile per i rapporti con la stampa, spiega a Vita quali sono le caratteristiche principali di Eurofor, la Forza operativa europea di reazione rapida nata il 15 maggio 1995 con la Dichiarazione di Lisbona sottoscritta da Italia, Spagna, Francia e Portogallo e avente come finalità ciò che forse manca maggiormente all?Unione europea, gigante economico ma nano militare.

«Eurofor ha raggiunto la piena operatività nel 1997», spiega Caetano, «e le finalità di questa forza terrestre multinazionale sono di contribuire a dotare l?Europa di una capacità militare propria; di partecipare alle iniziative degli organismi internazionali nel campo del mantenimento della pace e dello sviluppo della sicurezza; di costituire una struttura di aggregazione per gli Stati dell?Unione europea che desiderino partecipare alle sue operazioni». Il comando Eurofor è stato schierato per la prima volta in Albania, nel periodo 2000 – 2001 e, successivamente, in Macedonia. Attualmente allo studio c?è un suo «possibile coinvolgimento in Bosnia», confida Caetano, che non esclude a priori un possibile intervento nel Sud del Libano, nel caso tutti gli attori coinvolti si accordassero in tal senso. Il comando multinazionale permanente Eurofor ha sede a Firenze presso la caserma Predieri e per statuto può prendere parte alle missioni previste dalla Dichiarazione Ue di Petersberg del 1992. Nello specifico: missioni umanitarie o di evacuazione; missioni di mantenimento della pace; missioni per la gestione delle crisi e missioni per il ristabilimento della pace. Dunque un uso della forza assai limitato, a meno di un?estensione del mandato, magari sotto egida Onu.

Chi decide come e dove fare intervenire Eurofor è un comitato interministeriale congiunto Difesa ed Esteri dei quattro paesi membri, il Cimin, e questa catena di comando assicura tempi assai più brevi delle missioni Onu, garantendone il coordinamento politico-militare, fissando le condizioni d?impiego delle forze e impartendo le direttive al comandante che, a rotazione, è assunto dalle quattro nazioni partecipanti. «Anche la Grecia ha espresso desiderio di entrarvi a far parte: a livello operativo, nella regione solo la Nato garantisce un intervento più rapido del nostro», conclude Caetano.

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