Famiglia
Prodi chi’ Io sono Flavia
Se le chiedete un parere su famiglia e welfare, allora diventa un fiume in piena. Perché lei, docente di organizzazione sociale, il non profit lo studia e lo vive da una vita.
Professoressa Flavia Franzoni, altro che first lady, lady Prodi e altre corbellerie del genere. Lei, la professoressa, a questi distinguo ci tiene, quanto tiene, ovviamente, al marito Romano Prodi, anche lui professore e premier sino a qualche mese fa. Non provate, quindi, a buttarla sul pettegolezzo, sulle indiscrezioni, sulla battuta, sulla mezza frase che lascia intravvedere chissà quale indiscrezione. Ricevereste subito un?occhiataccia più fastidiosa delle bacchettate delle prof di matematica di mezzo secolo fa. È capitato anche a noi. Se le chiedi, ad esempio, se abbia qualche fondamento l?ipotesi circolata recentemente di una sua possibile candidatura a sindaco di Bologna per un Ulivo in versione rosa, ti risponde seccamente: «Ho già smentito questa voce. Non credo ci sia altro da aggiungere». Oppure quando cerchi di cogliere nelle sue parole qualche indicazione sulle future scelte politiche del marito ti guarda sorridente come per dirti: in tre anni ci hanno provato invano in tanti, figuriamoci se ci casco adesso. Insomma, non scordatevelo, lei è Flavia Franzoni, professoressa di organizzazione e programmazione dei servizi sociali al diploma universitario per assistenti sociali dell?Università di Bologna. A questo ci tiene quanto il marito Romano Prodi che alla qualifica di professore ha tenuto anche quando abitava a Palazzo Chigi.
Non è però una persona diffidente la signora Franzoni. Al contrario, ha modi schietti ed è sempre disponibile al dialogo e al confronto se impostato con serietà. Soprattutto quando si parla di riforma del Welfare o di solidarietà sociale. Ci mancherebbe, lo studia da una vita, ne scrive, di più, lo partecipa, lo vive. E oggi la prof è seriamente preoccupata della frequente confusione che i mezzi di informazione, a questo proposito, fanno nell?uso di alcune parole chiave: «Prima dell?estate, durante una trasmissione televisiva, ho sentito affermare che nei prossimi anni vi saranno sbocchi occupazionali nel ?volontariato professionale?. Un messaggio così ambiguo mi ha colpito molto. Cosa significa ?volontariato professionale?? Detto così, sembrerebbe un ossimoro. I media tendono a semplificare un fenomeno come quello del volontariato che invece è estremamente complesso e che costituisce una componente essenziale e irrinunciabile dell?intero Terzo settore».
La prof è salita in cattedra ed è difficile interromperla durante la lezione: «I media devono aiutare l?opinione pubblica a conoscere e capire il volontariato così come il volontariato e, più in generale, il Terzo settore, dovrebbero usare un linguaggio più comprensibile per rappresentare il proprio operato. So di essere molto insegnante quando affermo ciò. Ma c?è bisogno di un maggior sforzo didattico, di un maggior impegno comunicativo che sottintenda una forte volontà di aprirsi al confronto».
Scusi professoressa, ma le sembra giusto continuare a chiedere ai volontari sforzi, impegni, carichi pesanti come gli oneri amministrativi, di comunicazione? Ma un po? di volontà l?ha riscontrata nel ?Palazzo?? «Lasci perdere il Palazzo». Ribatte con una punta di malcelato fastidio . «È piuttosto una volontà che riscontro di continuo nella società civile, ai convegni cui partecipo, nelle domande dei miei studenti. La volontà di crescere, di continuare a imparare anche se questo richiede qualche sforzo. Così facendo si aiuta la comunità ad essere solidale e competente insieme». ?Insieme? è un vocabolo che ricorre spesso nel lessico della professoressa Flavia Franzoni. «Ha presente un giardino con cento fiori, diversi e colorati? Ad esso deve assomigliare, secondo me, il Terzo settore, con tutte le varie tipologie organizzative che convivono bene insieme, come in una sorta di grande famiglia».
Già, la famiglia. È probabilmente il tema che le sta più a cuore: «La società e le istituzioni hanno compreso che la famiglia ha bisogno di risorse economiche affinché i suoi membri non siano penalizzati in termini di benessere. Qualcosa si è iniziato a fare anche se siamo solo all?inizio. Forse hanno compreso meno che la famiglia ha bisogno di tempo. Si tratta di riconoscere la famiglia come risorsa per l?educazione dei figli, per la cura degli anziani, degli handicappati, come insieme di relazioni che hanno bisogno di tempo e che sono essenziali per lo svolgimento della funzione educativa. Si parla tanto di flessibilità per consentire alle aziende di organizzare meglio la produzione. Altrettanta enfasi dovrebbe essere posta sulla flessibilità dei tempi di vita delle persone ed introdurre part time non penalizzanti per uomini e donne, quelli che io chiamo congedi parentali concessi a coloro che vogliono svolgere un lavoro di cura per i figli, i familiari anziani, i malati». Ascoltando Flavia Franzoni parlare di solidarietà, cittadinanza attiva, sussidiarietà, percependo la passione che mette nel trattare di questi argomenti, viene spontaneo domandarle se l?attenzione rivolta dal governo Prodi al non profit (le leggi sulle Onlus, la Prima Convention della solidarietà di Padova e la sottoscrizione del Patto con il Terzo settore, lo storno dei fondi della Presidenza del Consiglio per finanziare l?istituzione dell?Authority sulle Onlus) sia dipesa anche dalla vicinanza al premier di una moglie che del Terzo settore è un?operatrice. Lei, lo avrete capito, si schermisce: «Ma no, che c?entro io? Piuttosto veniamo entrambi dal mondo dell?associazionismo cattolico. Abbiamo maturato insieme la medesima sensibilità per il sociale e questo poi si vede anche nelle scelte». Ma sarà capitato almeno una volta che suo marito le chiedesse, ad esempio, che differenza c?è tra una Ipab ed un altro ente non profit? Ci pensa un pò su e poi risponde sorridendo: «Bé, sì ma solo una volta. Romano mi prese da parte e mi chiese che differenza passava tra una cooperativa sociale di tipo A e una di tipo B, e io gliela spiegai. Ma è davvero un buon alunno». Beata professoressa.
Dicono di lei: First lady, ma del sociale
Quelli che la conoscono bene, come Luigi Bobba, presidente delle Acli, non hanno dubbi: «Flavia Franzoni è stato il miglior consigliere del Presidente del Consiglio Prodi sulle questioni del non profit. Ha saputo, inoltre, rappresentare in modo egregio l?Italia capace di parlare in modo positivo e dare visibilità ad un mondo, quello del volontariato, fino ad allora tenuto poco in considerazione». Dello stesso avviso anche Enrico Morganti, presidente del Cesevobo (Centro di servizi del volontariato bolognese): «Quando le proponemmo di entrare a far parte del comitato scientifico del Cesevobo già conoscevamo la sua professionalità e sensibilità ai temi del sociale. Non immaginavamo, però, prendesse così a cuore l?attività del centro. Non ha mai saltato una riunione, ha offerto contributi di riflessione preziosi per la nostra crescita, prestando la sua opera, ci tengo a sottolinearlo, a titolo esclusivamente gratuito». Anche Gianfranco Marzocchi, portavoce del Forum del Terzo settore, sebbene l?abbia incontrata poche volte, nutre profonda stima per la moglie di Romano Prodi: «mi ha sempre colpito la sua disponibilità al confronto, lo stile semplice, la competenza non improvvisata, la sua capacità di relazionarsi positivamente con gli altri. Insomma, ci lavorerei volentieri insieme».
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