Mondo

La pace alla deriva

Non accadeva da vent'anni: Beirut è di nuovo una città dove vivere è una scommessa. Tutti gli approfondimenti con il commento di Marco Revelli e Janiki Cingoli su VITA Magazine in edicola da domani

di Paolo Manzo

300 libanesi e 29 israeliani. È questo il bilancio, che tiene in conto solo le vittime riconosciute, dopo nove giorni di guerra tra l?esercito israeliano e le milizie sciite di Hezbollah.
In mezzo, Beirut che, come non accadeva da vent?anni, è di nuovo una città dove vivere è una scommessa. Al pari di Haifa e delle altre città del Nord di Israele, su cui sono caduti oltre 1500 missili, di varia gittata, sparati da Hezbollah. Ma Beirut, oggi, di bombe se ne è viste gettare addosso ventitré tonnellate. Obiettivo dell?aviazione di Tel Aviv il quartiere generale di Hezbollah, gruppo armato ma anche politico, avendo due ministri nell?esecutivo del primo ministro Fuad Siniora. Nello specifico il barbuto Nasrallah, leader indiscusso delle milizie sciite è, oggi, l?uomo più odiato ad Haifa, ma anche da quei libanesi che speravano di vedere il paese dei Cedri tornare ad essere la Montecarlo del Medio Oriente, come all?inizio degli anni Settanta. Oggi nulla di tutto ciò sta accadendo e, a guardare le immagini, il parallelismo è la Sarajevo anni Novanta.

Tornando al bilancio militare, nelle ultime 24 ore i caccia israeliani hanno bombardato oltre 200 obiettivi in Libano mentre gli Hezbollah hanno lanciato 140 missili contro le città israeliane del Nord. Mentre Siniora si appella alla comunità internazionale affinché ponga fine al ?massacro del mio popolo?, i profughi hanno già superato i 500mila in base alle stime più ridotte, ma c?è chi ? come la Croce Rossa ? ha lanciato l?allarme per 700mila rifugiati nei prossimi giorni.

Intanto la diplomazia si è trasferita dal G8 di San Pietroburgo a New York, dove oggi s?incontreranno il segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, il responsabile della politica estera e di sicurezza comune della Ue, Javier Solana e Kofi Annan. Idee tante, ma parecchio confuse: dall?ipotesi di un viaggio a Damasco della Rice (per far cosa poi, far rientrare al tavolo negoziale la Siria, ovvero il paese che ha maggiori responsabilità finanziamento e armamento di Hezbollah?) a un contingente internazionale Onu che, tuttavia, gli israeliani hanno già detto di non aver nessuna intenzione di accogliere. Uno stallo dove, sullo sfondo, rimane minaccioso l’Iran di Amedinajad, che da un lato arma Hezbollah e, dall’altro, è ansioso di rientrare in gioco, per passare da paese canaglia a paese indispensabile per arrivare a una soluzione della crisi (dopo Damasco la Rice andra anche a Teheran?). Insomma, mentre la diplomazia segue i suoi ritmi lenti, con l’Onu che torna in campo come se l’umiliazione irachena non fosse mai avvenuta, bombe e missili continuano a cadere, Con un crescendo che non lascia presupporre nulla di buono.

Inoltre su VITA Magazine n.29/2007, in edicola a 2 EURO:
“Beirut. La pace alla deriva “

  • L’editoriale: La pace lontana comincia da vicino, di Giuseppe Frangi
    Questo luglio drammatico sembra aver impietosamente azzerato le speranze che quell’altro luglio di cinque anni fa aveva seminato. In quei giorni la pace si era fatta visibile , non a parole ma sui volti, nei desideri, nei pensieri, nei comportamenti di centinaia di migliaia di persone

  • Israele, il sì dei pacifisti, di Carlotta Jesi
    Due anni fa erano scesi in piazza a Tel Aviv in 200mila per appoggiare il ritiro da Gaza deciso da Sharon. Oggi nessuno contesta il nuovo conflitto. Ecco le ragioni

  • Teheran gioca al rischiatutto, di Paolo Manzo e Joshua Massarenti
    Parla una grande esperta di Medio Oriente. Marcella Emiliani ha scritto il primo libro per spiegare la vittoria elettorale di Hamas. E ora spiega: «Questa guerra è stata scatenata per bloccare l’avvicinamento tra Israele e la nuova leadership palestinese. Ci sono le prove»

  • Hamas si tenga lontana dalla via di Damasco, di Janiki Cingoli
    Tutta l’intellighentia pacifista israeliana si è schierata con la decisione di attaccare il Libano presa da Olmert dopo gli attacchi degli Hezbollah. Quale via di uscita? L’analisi del direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente

  • Alternativi all’impotenza dei potenti, di Marco Revelli
    Il luglio 2006 è figlio del luglio 2001. Allora si pensò che i potenti messi alle corde cambiassero il mondo. Invece tocca a noi

  • Libano, sipario sui progetti, di Emanuela Citterio
    Ong, e adesso? Dalla gestione elle acque all’assistenza nei campi profughi, la cooperazione italiana era molto attiva nel paese dei cedri. Parlano i cooperanti italiani costretti alla fuga

… e molto altro ancora: leggi il sommario completo di VITA Magazine,

in edicola a SOLI 2 EURO!

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