Welfare

Torna l’incubo tsunami, un’altra scossa in Indonesia

Oltre 550 i morti a Giava per l'onda anomala di lunedì. Continuano le polemiche per la mancanza di sistemi di allarme sulla costa sud.

di Redazione

Continua l’incubo tsunami in Indonesia. Ancora una volta. A soli due giorni di distanza dal sisma e dall’onda anomala che lunedì hanno devastato la costa intorno alla località turistica di Pangandaran, la terra è tornata a tremare violentemente. E le autorità locali hanno lanciato una nuova allarme tsunami per le coste di Giava occidentale e Sumatra meridionale. “Raccomandiamo alla popolazione di stare in allerta” ha detto Fauzi, un esperto dell’Agenzia di sismologia di Giakarta. La scossa, probabilmente di assestamento e di magnitudo tra 6,3 e 6,4 gradi Richter, è durata diverse decine di secondi. Nella capitale indonesiana e nella zona circostante la popolazione, già duramente provata, è stata presa dal panico e si è riversata nelle strade. Non si hanno per ora notizie di danni o vittime ma è ipotizzabile che l’evento abbia ulteriormente aggravato le già precarie condizioni di molti edifici. Intanto si fa sempre più drammatico il bilancio delle vittime dello tsunami di due giorni fa: i morti, tra i quali anche alcuni stranieri, sono più di 550, i senzatetto decine di migliaia. E mentre continuano le ricerche dei 275 dispersi e dalla comunità internazionale arrivano i primi aiuti, crescono le polemiche per l’incapacità mostrata dalle autorità nell’avvertire la popolazione dell’onda anomala in arrivo. A Pangandaran Beach, la spiaggia più colpita, migliaia di persone hanno trascorso la notte dormendo sui pavimenti delle moschee o sotto ripari improvvisati. L’ondata alta tre metri, scatenata da un sisma sottomarino di intensità pari a 7,7 gradi Richter, ha seriamente danneggiato o distrutto buona parte degli edifici del lungomare. L’acqua si è spinta nell’entroterra anche per più di 500 metri con una forza impressionante. Le testimonianze descrivono scenari molto simili a quello dello tsunami che, nel dicembre 2004, colpì il sud-est asiatico facendo 170.000 vittime solamente in Indonesia. “Ho visto una casa che mi stava venendo addosso – ha raccontato Anne-Marie Kingmans, una turista olandese sopravvissuta al disastro – Si è fermata a soli venti metri da me”. Mentre si cerca di dare assistenza alle circa 54.000 persone rimaste senza casa, prosegue la conta dei morti, che secondo le ultime stime sarebbero più di 550. Tra di loro ci sarebbero anche degli stranieri: le autorità segnalano un olandese, uno svedese, un giapponese e un belga tra le vittime. Quasi 400 i feriti. Sono ancora 275, invece, i dispersi, in buona parte pescatori. Le ricerche proseguono soprattutto sul litorale, dove molti di loro potrebbero essere intrappolati tra le macerie. I soccorsi, però, vanno avanti a rilento: i macchinari adatti scarseggiano e spesso si scava a mani nude. I giornali locali non hanno risparmiato critiche al governo. In particolare, la stampa ha contestato la scarsità di misure preventive messe in atto dopo lo tsunami del dicembre 2004. La costa meridionale di Giava, infatti, non dispone di un sistema di allarme perché finora era considerata poco esposta ad eventi simili. Sebbene il Centro di allerta tsunami delle Hawaii, dopo il sisma, avesse subito segnalato la possibilità di onde anomale nella zona, nessuno è stato avvertito di quanto stava per accadere e le spiagge erano affollate come sempre. “Non abbiamo sentito alcun allarme – confermano alcuni turisti – Abbiamo solamente visto le onde arrivare e la gente scappar via”. “Le nostre previsioni erano sbagliate – ha ammesso un funzionario dell’agenzia locale per i terremoti – Ora abbiamo compreso che non ci sono aree non esposte a rischio tsunami nel sud dell’isola”. Il governo indonesiano ha già destinato 108mila dollari per le prime emergenze. Anche dall’estero si è messa in moto la macchina dei soccorsi. Il World food program delle Nazioni Unite ha inviato 15 tonnellate di cibo alla provincia di Pangaradan e due camion di viveri nella città universitaria di Yogyakarta. Dall’Italia, il ministro degli Esteri Massimo D’Alema, che ha inviato un messaggio di cordoglio al suo omologo indonesiano, ha disposto l’invio di una missione composta da un esperto medico della Cooperazione italiana già presente in loco e da personale della Sezione consolare della Ambasciata d’Italia a Giakarta nelle zone colpite dal maremoto per accertare direttamente l’entità dei danni, le più immediate necessità delle popolazioni e il coinvolgimento di stranieri nel disastro.


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