Cultura

Volontari a metà?

La lezione di Martini

di Riccardo Bonacina

Anche quest?anno nel suo discorso alla città di Milano, nell?occasione della festività di Sant?Ambrogio, il cardinale Carlo Maria Martini ha fatto un discorso che va ben al di là dei confini milanesi. In particolare, mi ha colpito uno dei passaggi in cui il cardinale individuava tra i rischi più attuali e diffusi nella comunità cristiana, quello di «una riduzione sociale della presenza della Chiesa e dei cristiani». Ha detto il cardinale: «Una corretta presenza dei cristiani nella società esclude una riduzione dell?impegno al solo campo sociale e caritativo. Questa sorta di autolimitazione trasforma i cristiani in cittadini dimidiati (dimezzati – ndr)». Proprio ora, aggiunge Carlo Maria Martini, «che siamo chiamati a costruire la casa di tutti con tutti. (…) Perciò bisogna pensare politicamente in grande e assumersi una responsabilità nei confronti della crescita del costume civile di tutti». Insomma, al cardinale e alla Chiesa il volontariato e le opere di bene non bastano più, bisogna fare politica senza «piagnistei». Mi chiedevo quale senso e peso potessero avere le parole di uno dei pastori della Chiesa più autorevoli e attenti, e perciò ben cosciente di quanti siano oggi i cristiani impegnati in gruppi di volontariato. E anche se queste parole potessero avere un senso più in generale, un peso anche per chi cristiano non è. Indubbiamente il discorso di Martini individua un rischio vero del volontariato italiano, sia esso di ispirazione cristiana o laica, il rischio di un impegno che nasca da una ritirata personale e collettiva per poi professionalizzarsi, burocratizzarsi. Per questo sarà bene tenerlo presente nei giorni in cui a Foligno si riuniscono gli Stati generali del volontariato per confrontarsi tra loro e con il governo. Il volontariato avrà infatti un compito nella costruzione di una casa comune più giusta e degna per tutti se esso nasce come espressione di gratuità, cioè della coscienza che i bisogni dell?altro mi riguardano almeno quanto i miei, perché l?altra persona, chiunque essa sia, mi appartiene, appartiene al mio destino. Se esso nasce da un?assunzione di responsabilità per cui la condivisione genera opere, costruisce, intraprende, allora il volontariato riuscirà a cambiare faccia al Paese, alle città, ai quartieri e riuscirà a esprimere cultura e anche politica. Se il volontariato nasce invece da una ritirata da delusioni pubbliche e politiche, se esso invece di esprimere un di più di posizione umana esprimerà la difesa di una visione parcellizzata, divisa, dell?uomo e del suo compito nel mondo, allora non potrà che generare solo piccole e straccione burocrazie, piccole e, seppur comode, posizioni di potere. Speriamo, quindi, che il richiamo del cardinale serva a far volare i volontari in alto e li costringa a non sedersi.


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