Welfare

San precario è andato in paradiso

Cinema. Case history di un successo nato dal basso / Quattromila sottoscrizioni da 10 euro. Così è nato il film diventato caso cinematografico. Dice il regista: «Oggi ti fanno sognare la vita degli al

di Maurizio Regosa

Se per voi cinema vuol dire una bella bionda accompagnata dal ricco produttore, sigaro in bocca e magari abito a righe, beh ricredetevi. Potete farlo grazie alla storia del Vangelo secondo Precario, piccolo film sui danni della flessibilità e le furbizie che spesso si celano dietro questa parola così professionale, nato dalla determinazione di alcuni giovani milanesi e prodotto in una maniera decisamente fuori dall?ordinario. L?idea, ci racconta Stefano Obino, regista trentenne qui alla sua seconda prova, è nata in una cena fra amici: «Meglio fra amici e colleghi, visto che tutti lavoravamo per Oltremedia, un?agenzia di comunicazione di proprietà di persone giovani. Gli attori, i registi, gli artisti in genere sono da sempre precari. Ci sembrava perciò tanto più necessario parlare di questo tema. Discutendo ci siamo resi conto che il cinema italiano ha smesso di parlare di temi sociali e che grazie all?agenzia avevamo tutti gli strumenti per fare un film low budget. Poi abbiamo conosciuto Produzioni dal basso». Vita: Di cosa si tratta? Obino: È un sito creato da un gruppo di artisti e musicisti. Lo scopo è quello di essere un veicolo per sostenere chi vuole produrre qualcosa in modo indipendente raccogliendo il budget necessario mediante sottoscrizione. Per il Vangelo, noi abbiamo avuto 4mila sottoscrizioni da 10 euro (ciascuna dava diritto al nome nei titoli di coda e a un dvd omaggio). Vita: Chi aderisce a un progetto lo sostiene fin dall?inizio? Obino: Sì, l?idea è quella. Ma non si limita al finanziamento. La sceneggiatura è stata scritta tenendo presente i molti suggerimenti di sottoscrittori raccolti tramite il sito. La storia dell?Istat, per esempio (nel film uno dei personaggi si trova a vivere un?incredibile vicenda lavorando per l?istituto di ricerca, ndr) è veramente accaduta a Giuliana Cupi che ce l?ha raccontata. Vita: Quindi non avete seguito questo metodo produttivo solo perché non riuscivate a trovare i soldi in modo tradizionale… Obino: In effetti per questo film non abbiamo bussato alle porte di produttori. Dopo anni di gavetta, conosci le difficoltà e sapevamo che una pellicola di questo tipo non avrebbe incontrato sostegno. Il cinema italiano produce solo film di un certo tipo, di intrattenimento, che ti fanno sognare la vita di un altro. Vita: Come l?avete distribuito? Obino: Organizzando proiezioni nei luoghi più disparati. Nei cinema ovvio, ma anche nelle università, nei retrobottega. Siamo arrivati a circa 500 proiezioni ?ufficiali?, cioè con il nostro consenso. Sappiamo però che altre 300 sono state fatte senza chiedere il permesso a Oltremedia, che è proprietaria del film. Vita: Il film è piaciuto a tutti? Obino: Le reazioni sono diverse a seconda della generazione. I 30-35enni si riconoscono a pieno. I più grandi pensano che le quattro storie che compongono il film siano un po? esagerate. I più giovani – gli studenti delle superiori ad esempio – escono dalla proiezione un po? depressi? Una delle critiche comuni è che nel film manca la speranza. È una critica fatta anche dai sindacati che pure ci hanno appoggiato. Io penso però che i giovani non vogliano la speranza, ma una possibilità. Spesso gli spettatori chiedono qual è la soluzione al precariato. Ma noi abbiamo fatto un film, politico e sociale certo, ma nient?altro. Fare questa domanda a noi è come una conferma del fatto che coloro che dovrebbero dare la risposta latitano. Vita: Quanto tempo è stato necessario per realizzare il vostro Vangelo? Obino: Ventiquattro giorni di lavorazione, poi il montaggio di un mese e mezzo. Vita: Progetti per il futuro? Obino: Stiamo lavorando a un altro film con il quale vorremmo ampliare il discorso del Vangelo. Sarà una specie di road movie su tante situazioni paradossali della penisola, da Torino all?Emilia.


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