Mondo

Vista dal satellite su laghi in estinzione e deserti in avanzata

Ambiente. Ma è vero che la siccità sta aggredendo l’Africa? / Secondo l’Onu è questa la causa prima delle emergenze alimentari.

di Emanuela Citterio

Il lago Ciad scompare. No, è ancora là, si sta riprendendo. Ma è proprio vero che il deserto avanza, in Africa? Il programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep) ha mostrato durante l?ultima conferenza mondiale sui laghi le foto satellitari dei più grandi bacini d?acqua del continente africano. E la platea è ammutolita. La laguna di Songor, nel Ghana, in dieci anni si è ridotta della metà. Il lago Vittoria, fra la Tanzania, l?Uganda e il Kenya ha perso le sue famose distese di giacimenti d?acqua. Il lago Ciad, enorme bacino d?acqua che si trova fra Nigeria, Camerun, Niger e Ciad, un ex mare interno all?Africa, sembra quasi scomparso dalla cartina. L?Onu ha deciso di rafforzare l?allarme e ha dichiarato il 2006 anno internazionale dei deserti e della desertificazione. Ma proprio il lago Ciad è il simbolo delle contraddizioni in cui incorrono le analisi sui cambiamenti climatici. Ettore Tibaldi, zoologo dell?università degli Studi di Milano ed esperto di cooperazione, è appena tornato dal Ciad. E non usa giri di parole: «La desertificazione di cui si parla nei summit delle Nazioni Unite è più un espediente spettacolare per ottenere finanziamenti che un fenomeno ambientale effettivo». «Quando si parla di desertificazione il lago Ciad viene preso ad esempio per lo spettacolare restringimento delle sue acque», continua Tibaldi. «In realtà siamo all?interno di un ciclo di aridità iniziato 4.500 anni fa e che fra un po? smetterà. In questa pulsazione ambientale, anche i laghi hanno i loro alti e bassi. Nella tradizione delle popolazioni locali c?è il Grande Ciad, l?intermedio, e poi c?è il piccolo Ciad. Il periodo di aridità anche per loro fa parte di un ciclo naturale». La metafora del lago Ciad Ma perché il lago Ciad è così importante per capire cosa sta succedendo al clima in Africa e su scala globale? «Era un mare interno al continente e oggi è come un grande termometro», spiega lo scienziato. «In questo secolo ha avuto la superficie più ampia negli anni 60, quando era esteso 25mila chilometri quadrati. Poi ci sono state le grandi siccità degli anni 70 e 80, e anche il lago è sceso sotto i 2mila chilometri quadrati». È proprio in quegli anni che si comincia a parlare di lotta alla desertificazione. Nel Sahel si forma il Comitato interstatale per la lotta contro la siccità (Cilss), che diventa un grande collettore di fondi per l?Africa occidentale. Ma secondo Tibaldi non è vero che la desertificazione è un processo continuo e irreversibile: «Anche il lago Ciad ce lo dice. Le dimensioni si stanno riprendendo. E carestie come quella che ho visto nell?83 nel Sahel non si sono più verificate». Ma allora l?avanzata del deserto in Africa non esiste? «Se ci sono situazioni di emergenza alimentare questo accade per ragioni politiche e sociali più che ambientali», afferma Tibaldi. «Una cosa è dire che c?è un inaridimento del terreno, un?altra che la desertificazione sta seppellendo la civiltà in Africa. Ciò non toglie che ci siano tecniche utilizzabili in zone aride per riuscire a ottenere lo stesso una produzione sufficiente». Disboscamento e tecniche non appropriate di irrigazione sono fra le principali cause dell?impoverimento dei terreni in molti paesi africani. Secondo la Fao fra il 2000 e il 2005 il continente ha subito una perdita netta di foreste di oltre 4 milioni di ettari l?anno. A danneggiare il lago Ciad, considerato per anni una miniera inesauribile di ?oro blu?, è stata la costruzione incontrollata di centinaia di canali di drenaggio dell?acqua. Che si mettano sotto l?etichetta di lotta alla desertificazione o meno, esistono una serie di accorgimenti per riuscire ad ottenere il cibo malgrado la carenza d?acqua e l?impoverimento del terreno. E alcune organizzazioni non governative hanno sviluppato esperienze di cooperazione con le popolazioni e le istituzioni locali nella gestione delle risorse idriche e del territorio. Il Cesvi nella valle del fiume Limpopo, che rappresenta il confine naturale tra Sudafrica, Zimbabwe e Mozambico, ha costruito un sistema geografico informatico di mappatura (Gis) delle risorse naturalistiche e della presenza umana, a servizio dei distretti rurali dell?area per una migliore gestione delle ricchezze del territorio. La ricetta delle ong «Il progetto ha coinvolto direttamente le comunità locali nella gestione delle risorse naturali», spiega Piersilvio Fagiano, responsabile progetti del Cesvi. «L?obiettivo era anche mettere a disposizione delle autorità zimbabwiane i mezzi per una migliore conoscenza del territorio, il presupposto per una gestione più sostenibile». Il progetto del Cesvi in Zimbabwe è iniziato nel 2002 e proseguirà con una seconda fase in Sudafrica e in Mozambico. «Il Grande Limpopo è un parco internazionale», afferma Fagiano. «In ecologia non esistono confini, e migliorare la gestione interstatale è una delle chiavi di questo programma». Uno dei progetti collaterali del programma è la microirrigazione degli appezzamenti coltivati, realizzati installando sistemi di sottili tubazioni, fino a bagnare goccia a goccia le singole piantine, evitando così gli sprechi e permettendo raccolti più abbondanti e sicuri. in Kenya l?albero è vita Il progetto ?rubato? dalla Nobel Wangari Maathai La riforestazione in Kenya è stata premiata con un Nobel per la pace. Quello conferito nel 2005 a Wangari Maathai, attuale viceministra per l?Ambiente del governo kenyano. Ma il progetto nasceva da un?idea ?rubata? all?Italia e al Trentino. Tutto comincia nel 2001, quando la viceministra dà vita a Tree is life, un progetto di riforestazione in collaborazione con la diocesi di Nyahururu e la Fondazione Fontana di Trento. La Maathai propone, come avviene in Trentino, che ogni scolaro pianti un albero e se ne prenda cura, dando inizio così alla ?festa degli alberi?. Un milione di questi alberi è stato piantato da Tree is life, che ha inoltre promosso anche uno scambio di studenti tra il Kenya e l?Italia. Nel 2005 ha deciso di supportare il progetto anche il consorzio Una, un gruppo di ong italiane (di cui fanno parte Acra, Cesvi, Africa70, Cespi, Grt e Cast). L?intervento prevede la riforestazione nell?area di Nyahururu (Kenya, Nord/Ovest di Nairobi) con creazione di vivai, recinzione per proteggere le piante novelle dagli animali, scambi tra scuole italiane e kenyote sui temi dell?educazione ambientale. Il progetto di Tree is life è stato riconosciuto come ?buona pratica? dalle Nazioni Unite e fortemente voluto dalla premio Nobel per la pace 2005. Info: www.treeislife.org


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