Formazione

Quando Parigi scopre di avere fame

Da una ricerca escono numeri che nessuno poteva sospettare. I giovani e gli ultrasessantenni in stato di indigenza sono sempre più numerosi.

di Paolo Manzo

«La Francia ne ha vergogna, ma è giunta l?ora di riflettere seriamente su una povertà diffusissima che non può più essere nascosta». Pierre de Poret ha voglia di parlare. Ne ha i titoli (dal 2002 è presidente della Federazione francese dei banchi alimentari) e i numeri (79 i banchi spersi ai quattro angoli del territorio pronti a correre in aiuto di oltre 750mila persone attraverso la collaborazione di circa 4700 associazioni). Ma soprattutto perché l?inchiesta interna del suo organismo resa pubblica da è un?ulteriore conferma di un benessere sociale francese in frantumi. Vita: Che Francia esce da questa inchiesta? Pierre De Poret: Un quadro sociale e economico che mai avremmo immaginato così cupo. Il fatto che il quarto dei nostri richiedenti siano lavoratori e pensionati ne è la prova più aberrante. Vita: Quali le categorie sociali più colpite? De Poret: Un quarto è composto da giovani di meno di 26 anni e ultrasettantenni, cioè le persone più fragili. Inoltre, un richiedente su quattro appartiene a una famiglia monoparentale allorquando questo nucleo familiare rappresenta meno del 10% delle famiglie francesi. Infine, un 30% è composto da extracomunitari. Tutto questo significa che un numero consistente di francesi non riesce a soddisfare uno dei bisogni più elementari, cioè mangiare a sufficienza. Vita: Vent?anni fa nascevano i banchi alimentari. Oggi rispetto a ieri com’è cambiata la povertà? De Poret: I banchi alimentari erano nate per sopperire in modo palliativo famiglie in difficoltà. Non solo queste famiglie si sono molteplicate in maniera sproposita, ma lo stesso aiuto si è istituzionalizzato colpendo persone che hanno un lavoro, una pensione, una casa. Vita: L?inchiesta punta il dito anche contro le associazioni incaricate di assistere i richiedenti, se non della qualità dei prodotti distribuiti. Quali gli ostacoli maggiori? De Poret: Partiamo con un esempio. Le grandi società di distribuzione ci danno prodotti in scadenza, il che crea non pochi problemi nella catena di distribuzione nazionale. Ora, le persone assistite richiedono sempre più alimenti freschi e di qualità. E chi dice verdure o surgelati di qualità dice la necessità di disporre ad esempio di celle frigorifere spaziose in grado di conservare i prodotti. E questo rappresenta un costo maggiore. Se i banchi alimentari sono sufficientemente equipaggiate per rispondere a questa esigenza, lo stesso discorso non vale per le altre associazioni. Vita: Si spieghi meglio? De Poret: Su 79 banchi alimentari presenti in Francia e in oltremare, almeno settanta sono in grado di garantire la catena del freddo. Poi ci sono circa 4700 associazioni che si appoggiano a noi e che vengono a recuperare i prodotti presso i nostri depositi. Ora, sono poche le realtà associative che dispongono di veicoli refrigerati, essenziali per distribuire gli alimenti. Si calcola che solo il 10% delle associazioni ne sono dotati. Il discorso cambia su la disponibilità di vasche isotermiche e di congelatori. In questi casi, la percentuale viaggia attorno ai 70-80%. Vita: Sul piano delle risorse umane? De Poret: Il problema della mancanza di volontari è un fenomeno ricorrente nel mondo associativo. Ci sono ancora molte persone disposte a dare una mano in maniera saltuaria, ma non ad assumersi responsabilità più importanti. Bisogna però riconoscere che fare il volontario nel mondo dell?assistenza alimentare è molto più complicato rispetto a cinque o dieci anni fa. Oggi la domanda si considerevolmente diversificata e spesso ci si imbatte con persone difficili da assistere. Chiedere cibo quando si lavora è qualcosa di psicologicamente molto pesante.


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