Volontariato

Diritti civili addio. il giro di vite di putin

La questione russa. Un Sos dal paese ospitante

di Paolo Manzo

«Non abbiamo più stampa, partiti politici, sistema giudiziario indipendenti. Dal caso Yukos non si può parlare neanche di società indipendenti mentre l?ultimo baluardo della libertà in Russia è costituito dalle ong, oggi anch?esse vittime di un vero attacco da parte del governo Putin». Chi lancia il grido d?allarme a pochi giorni dall?inizio del G8 di San Pietroburgo (15-17 luglio) è Tanya Lokshina, direttore del centro di informazione e ricerca Demos.
Sulla sua stessa linea c?è anche Svetlana Gannouchkina, presidente del Comitato di assistenza civica, la quale vorrebbe che il G8 faccia pressing su Putin & co., ricordando loro che umanitario e diritti umani non possono essere considerati solo ed esclusivamente un optional. «Servono posizioni critiche chiare verso Mosca», spiega a Vita la Gannouchkina, «perché i valori democratici vengono prima degli interessi economici ed è una vergogna che il summit del G8 non includa i diritti dell?uomo, soprattutto ora che la Russia ha assunto per sei mesi la presidenza del Comitato dei ministri del Consiglio d?Europa». Già, perché il Consiglio d?Europa è l?organismo europeo creato ad hoc per far vigilare sul rispetto dei diritti umani all?interno dei paesi membri e che la Russia ne abbia assunto la presidenza del Comitato ministeriale proprio poco prima di San Pietroburgo, pone più di un interrogativo ai difensori delle libertà democratiche, sia a Mosca che all?estero.

Il guinzaglio alle ong
Ma quali sono gli ultimi fatti russi che allarmano di più il mondo delle ong e dell?associazionismo? Essenzialmente tre: la guerra sporca con la Cecenia, la nuova legge anti terrorismo che in realtà è anti ong, la crescente sottomissione del sistema giudiziario a quello politico.
28 giugno 2006: se i diritti umani in Russia stanno vivendo il periodo più difficile degli ultimi dieci anni, non lo si deve tuttavia solo alla Cecenia (vedi box a lato) – che, anzi, per Mosca è una ?vexata quaestio? il cui inizio risale al 1991- ma a questa triste data del 28 giugno. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, infatti, sollevando il velo sulle reali intenzioni del governo ?democratico? di Putin in tema di libertà fondamentali («controllare tutto, attaccare tutti i critici», spiega Archi Pyati, senior associate dell?associazione statunitense Human Rights First), è stato proprio l?emendamento, approvato dalla Duma il 28 giugno scorso, della cosiddetta ?legge anti terrorismo?, entrata in vigore all?inizio di gennaio.
Secondo Alexander Verkhovsky del Sova Center, ong in prima linea contro i delitti razziali, una fattispecie in crescita esponenziale a causa del nazionalismo esasperato che il governo Putin sta cavalcando per controllare meglio minoranze etniche, religiose e politiche («nei primi cinque mesi del 2006, in Russia ci sono state 87 aggressioni con 14 persone uccise appartenenti a questi gruppi», denuncia), sono tre i punti critici dell?emendamento approvato dalla Duma.
Il primo è inserire il reato di diffamazione contro i pubblici ufficiali dello Stato russo che si occupano di terrorismo. Ciò, de facto, «renderà impossibile ogni accusa nei loro confronti, anche se corrotti o se appoggiano gli ultranazionalisti», spiega Verkhovsky. Il secondo è che «ogni atto di violenza contro un pubblico ufficiale passerà sotto la qualifica di atto estremistico. Anche se avverrà nell?ambito di manifestazioni pubbliche disperse con la forza». Terzo: «Ogni giustificazione di attività estremista sarà bandita e, dato il continuo espandersi della definizione di estremismo in Russia, saranno da considerarsi illegali anche gli atti non-violenti di disobbedienza civile o la giustificazione di un prete/predicatore che insiste sull?unicità o sulla superiorità dei fedeli della sua religione».
Durissima sulla questione anche la Lokshina: «L?emendamento rappresenta una grave minaccia per le libertà civili, soprattutto per le associazioni e i media. Inoltre, i tentativi recenti della Russia per sopprimere questi corpi intermedi indipendenti ci obbligano a prendere molto seriamente questa minaccia». La speranza della società civile russa è che «si eliminino i punti critici con un ulteriore emendamento della Duma nei prossimi mesi e, per questo, lanciamo un appello alla Comunità internazionale affinché i G8 facciano loro le nostre preoccupazioni al summit di San Pietroburgo», conclude Verkhovsky.
Resta comunque il grosso della legge anti terrorismo (e anti ong) non toccato dall?emendamento peggiorativo, che prevede l?obbligo di registrarsi per ognuna delle 60mila ong russe e, nel contempo, di dichiarare la propria ?fedeltà? alle autorità, col rischio di vedersi negare il consenso a svolgere attività non gradite al governo. Le organizzazioni, inoltre, dovranno consegnare un rapporto annuale ai poteri pubblici e rendersi disponibili a eventuali ispezioni annuali. Le attività delle ong in territorio russo, infine, potranno essere interrotte, se giudicate dannose per l?interesse nazionale; i finanziamenti dall?estero dovranno avere un placet governativo, mentre gli obblighi burocratici potranno essere aumentati ?a piacere? dalle autorità. In concreto? «Se il governo Putin riterrà che l?associazione XY che difende i diritti umani sta facendo un lavoro indesiderabile per le autorità russe, la farà chiudere», spiega la Pyati.

Al soldo delle potenze
Oltre alla legge emendata pessimamente, un altro problema è quello del «sistema giudiziario, sottomesso ai desideri politici dell?esecutivo». Chi denuncia è Paul LeGendre, esperto di Russia e di discriminazioni, che dopo una vita passata all?Osce è entrato a far parte dello staff di Human Right First, associazione in prima linea a livello mondiale nella difesa dei diritti fondamentali. «C?è un numero consistente dei rappresentanti delle Corti che controllano ciò che dicono e fanno i giudici, e che sono scelti dal presidente in persona. Quindi, c?è un forte controllo sui tribunali, soprattutto quando trattano tematiche connesse all?umanitario».
Ma per capire la portata dell?attacco a 360 gradi di Putin & co., è indicativo un documentario trasmesso subito dopol?entrata in vigore della legge anti ong dalla televisione pubblica russa e contenente un?accusa infamante a quattro associazioni riconosciute a livello internazionale per la loro serietà: avere ricevuto finanziamenti da agenti del MI5, il servizio segreto britannico. Una bufala di dimensioni colossali ma che è stata ripresa dai media di mezzo mondo e che ha gettato fango sul Moscow Helsinki Group, il Center for Democracy and Human Rights, l?Eurasia Foundation e il Comitato contro la Tortura di Nizhny Novgorod.
Dalla sua casa di Mosca, Ludmilla Alexeeva, portavoce del Moscow Helsinki Group e vincitrice del premio Human Rights 2005, è chiara nella sintesi che fa della Russia targata 2006: «Oggi le persone che criticano le politiche del nostro governo sono sempre più un bersaglio. Noi che lavoriamo per la difesa dei diritti umani siamo sotto un vero e proprio fuoco incrociato». L?unica consolazione è che, per ora, è possibile raggiungerla telefonicamente ma, e la domanda sorge spontanea, sino a quando Ludmilla potrà parlare liberamente?
Per il momento non ci sono dei numeri precisi che dimostrino un calo nelle attività umanitaria dopo l?entrata in vigore della legge anti terrorismo e dell?emendamento peggiorativo. Una mancanza comprensibile, essendo trascorso troppo poco tempo, ma come testimonia la Pyati «ci sono innumerevoli voci di individui che lavorano nel settore dell?umanitario e sono molto preoccupate, soprattutto nell?iniziare nuove attività. Tutti i nostri contatti a Mosca e dintorni, tuttavia, sono determinati nell?andare avanti. Nonostante la minaccia crescente che oggi rappresenta per loro Mr. Putin». (P.M.)

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