Welfare

I volontari sono a rischio di burn-out?

Formazione. La sindrome diffusa tra le helping professione / Ho sentito dire che tra le malattie professionali di chi opera in settori quali la sanità e l’assistenza c’è il burn-out.

di Gian Maria Comolli

Nella dedizione agli altri, la generosa disponibilità, che spesso coinvolge troppo emotivamente la persona, non è immune dalla possibilità dell?esaurimento delle proprie energie fisiche, psichiche e spirituali. In questo caso la situazione diventa insostenibile e il volontario è costretto ad abbandonare adducendo una, più o meno esplicita, demotivazione.
È questa, in sintesi, la sindrome del burn-out (dall?inglese: bruciato) che rischia di insinuarsi nel vissuto degli operatori delle professioni d?aiuto (quali sono medici, infermieri, insegnanti?) o di chi vuole soccorrere l?altro.
Il burn-out è una realtà complessa nella quale si possono riconoscere almeno tre elementi costanti: esaurimento emozionale, rapporto interpersonale difficoltoso, incompleta realizzazione di sé.
L?esaurimento emozionale deriva dall?eccessivo coinvolgimento nel rapporto con l?altro; una iperidentificazione con i bisogni e le sofferenze del prossimo. Tale situazione, a volte insostenibile, può rendere il rapporto interpersonale sempre più distaccato e il risultato è un atteggiamento freddo e impersonale. Questo insieme di situazioni porta a una scarsissima considerazione delle proprie capacità.
Statistiche nazionali mostrano che le associazioni di volontariato devono affrontare costantemente il problema delle ?defezioni?: dopo un periodo più o meno lungo, molte persone lasciano l?impegno che si erano assunte con generosità ed entusiasmo.
Per alcuni di essi, ciò è dovuto quasi certamente ad una non riconosciuta sindrome di burn-out, provocata dalla debole dimensione motivazionale iniziale e dalle delusioni riguardo le aspettative. È, infatti, abbastanza facile che si idealizzi la persona bisognosa d?aiuto, mentre l?assistito non può essere scelto ma unicamente accettato nell?unicità dei suoi bisogni e dei suoi problemi e, spesso, non è neppure riconoscente.
Un altro elemento pericoloso è l?atteggiamento di insostituibilità vissuto dal volontario che assume responsabilità e ricopre ruoli che non gli competono, sostituisce tutto e tutti, è prodigo di buone parole e di consigli.
La domanda è allora: come fare a gestire questa complessa situazione che si insinua sottilmente nella trama del vissuto quotidiano di colui che si pone nel ruolo dell?aiutante?
Conoscendo il fenomeno, le sue caratteristiche, i segnali pericolosi ai quali prestare attenzione. Chi si riconosce vittima di questa sindrome deve accettare la situazione senza vedere in essa un segno di debolezza oppure di rinuncia. Potrà anche aiutarsi da solo, ma è più opportuno ricercare un supporto esterno.
Le associazioni intraprendano seri percorsi formativi sulla relazione d?aiuto, centro e finalità di ogni servizio; è un ottimo antidoto al burn-out!

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