Famiglia
Ma ora basta con le maggioranze onnipotenti
Una riflessione del direttore di Formiche
di Paolo Messa
G li italiani hanno bocciato la riforma costituzionale voluta dal centrodestra. Sono andati a votare in tanti, molto più del previsto, per evitare che un pasticcio sostituisse la seconda parte della Costituzione ma anche per censurare un cattivo modo di intendere il lavoro costituzionale. Quella che abbiamo visto in questi mesi è stata una estenuante campagna elettorale, durata troppo e in cui non sono mancate parole grosse e ingiustificabili. Non sarà un caso che un corpo elettorale che è già stato chiamato a scegliere i propri rappresentanti in Parlamento e nelle amministrazioni locali abbia scelto di tornare a votare in modo massiccio per il referendum.
Nel paese si registra una voglia di partecipazione che sarebbe però un errore leggere come una cambiale in bianco ai partiti e agli schieramenti. Per questo il No al referendum va interpretato anche come un no ad una politica unilaterale, un no contro quelle che giustamente Bruno Tabacci chiama «le maggioranze onnipotenti».
Ed è da qui quindi che occorre ripartire. Da una riflessione seria e profonda sulle condizioni generali della salute politica del paese e sulle regole costituzionali che ne sono a fondamento. Un dibattito solo politologico o solo costituzionale non riuscirebbe a dare le risposte agli interrogativi che gli elettori pongono. E, allora, siamo sicuri che il bipolarismo debba essere un idolo sul cui altare sacrificare le nostre virtù? Oggi, le coalizioni vengono costruite sulla regola del ?+1?. Nel senso che tutto lo sforzo è nell?aggregare tutte le forze anche marginali in modo da poter avere un saldo positivo sull?avversario. Vince così la Cdl cinque anni fa recuperando la Lega e consegnandole il ruolo di guida politica (vedi la devolution). Vince allo stesso modo l?Unione pochi mesi fa recuperando l?alleanza con la sinistra antagonista. E l?esempio di Chirac che rinuncia a Le Pen e di Schroeder che rompe con Lafontaine appaiono distanti anni luce. Così come appaiono assai lontane le performance economiche istituzionali di quei paesi e della Germania, in modo particolare. Lì, la vincitrice (d?un soffio) delle elezioni, Angela Merkel, si è subito resa conto della fragilità numerica della sua coalizione e del peso enorme, invece, delle difficoltà dello Stato di cui prendeva le redini. Ha chiesto (e ottenuto) la collaborazione dei suoi avversari per varare una Grande Coalizione che non è un grande inciucio ma un grande sforzo per rimettere in moto l?economia della Germania.
A distanza di pochi mesi, e di misure anche controverse, si torna a parlare di ?locomotiva tedesca? e anche la nostra ripresa, se ci sarà effettivamente, è legata all?innovazione politica di Berlino. Chapeau alla loro duttilità! Qui in Italia invece Prodi e Berlusconi hanno interpretato il risultato elettorale come se fosse stato netto e nel quadro di un paese in ottima forma. Non è così purtroppo. Ecco perché occorre un grande sforzo, anche di fantasia, per correggere le storture di un sistema politico che non funziona. Quindi, riprendere un filo condiviso che porti a cucire un vestito costituzionale più utile alle necessità del paese è un imperativo categorico. Ripartire dal testo in vigore per introdurre poche e semplici novità di funzionamento, rivedendo criticamente il bicameralismo perfetto e introducendo in modo chiaro e definitivo il principio di sussidiarietà è molto più che possibile.
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