Volontariato

La vita passa dal notaio

L’ultima idea di Umberto Veronesi fa discutere e divide: un atto notarile per lasciare le proprie volontà sui trattamenti sanitari.

di Sara De Carli

In realtà non è cambiato nulla, eppure dal 16 giugno si fa un gran parlare di testamento biologico, ovvero delle indicazioni che un cittadino – nel pieno delle sue facoltà – dà su come vuol essere curato nel caso in cui si trovi nell?impossibilità di esprimere la sua volontà. Siamo ancora senza legge: l?ultimo disegno di legge presentato, quello del senatore Tomassini (Forza Italia) era stato approvato dal Senato il 13 luglio dell?anno scorso, ma poi si è arenato. Siamo ancora senza registro nazionale: Veronesi ha offerto la sua fondazione come centro di raccolta, ma non c?è nessun avallo ministeriale che lo riconosca. Siamo ancora senza indicazioni precise su come fare perché il nostro testamento biologico sia valido e abbia qualche chance di essere preso in considerazione dai medici (Oviedo a parte). L?unica cosa diversa, da marzo a oggi, è che Veronesi ha cambiato idea: non più una scrittura privata, un foglio di carta dove ciascuno di noi scrive proprie indicazioni sui trattamenti sanitari che intende accettare o rifiutare, ma un atto notarile. La novità infatti è che il Consiglio del notariato ha accettato che i suoi 5mila notai sparsi in tutta Italia si accollino questa nuova pratica, alla modica cifra di 25 euro. I notai Squilli di trombe e dichiarazioni che descrivono come «fondamentale» l?adesione dei notai, mentre a marzo lo stesso Maurizio de Tilla, presidente della Federazione degli ordini degli avvocati europei e presidente del Comitato Scienza e diritto della Fondazione Veronesi, dichiarava a Vita che non sarebbero ricorsi a «nessun avvocato e nessun atto notarile, lo strumento deve essere il più leggero possibile per non allontanare nessuno». De Tilla in realtà oggi al telefono si affretta a spiegare che si tratta di un fraintendimento, che «l?atto notarile è una possibilità, è chiaro che i notai hanno tutto l?interessa a pubblicizzare questa formula, ma è evidente che anche la scrittura privata ha la stessa validità». Quale validità? «Le dichiarazioni del paziente non sono vincolanti per il medico dal punto di vista giuridico, ma il medico che rifiuta di seguirle dovrà spiegarne le ragioni al fiduciario». Il facsimile del testamento Dal sito della Fondazione Veronesi si può scaricare il modulo prestampato con il testo del testamento biologico. Basta inserire i propri dati, crocettare l?autorizzazione alla donazione d?organi, nominare il fiduciario (ovvero la persona che di volta in volta sarà incaricata di interpretare le mie indicazioni generali declinandole nella situazione particolare), mettere la data e firmarlo. Il testo è brevissimo: «In caso di malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile e invalidante oppure di malattia che mi costringa a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione, chiedo di non essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico né a idratazione e alimentazione forzate e artificiali». Un testo astratto, generico, che sceglie di concentrarsi solo su alcuni dei comportamenti che attraverso il testamento biologico potrebbero invece essere regolati: per dirne una, non c?è nulla sulle cure palliative. L?autodeterminazione sovrana Quello delle dichiarazioni anticipate di trattamento è un tema urgente di bioetica, su cui in linea di principio c?è persino un ampio accordo tra tutti gli schieramenti in campo. Sia i laici che i cattolici condannano l?accanimento terapeutico, appoggiano le cure palliative e riconoscono il principio del consenso libero e informato del paziente rispetto alle cure a cui sottoporsi. Il problema è capire quali indicazioni possono rientrare nel testamento biologico e quali no, ed escludere che dietro il testamento si celi un?eutanasia non dichiarata. Giacché «una cosa è la non coercibilità di un trattamento medico, altra il diritto di morire», spiega Luciano Eusebi, ordinario di Diritto penale all?università Cattolica e membro del Comitato nazionale di bioetica. «Parlare di diritto vorrebbe dire poter coinvolgere legittimamente il medico nella mia decisione di abbandono della vita, annullando il suo dovere di garanzia della tutela della vita e della salute». Per questo – come peraltro ha indicato il Comitato di bioetica, seppur non all?unanimità – idratazione e alimentazione artificiali non possono essere annoverate tra le azioni che si possono rifiutare: esse infatti non costituiscono delle terapie, ma sostentamento ordinario di base. Ma ciò che preoccupa maggiormente Eusebi è altro: «In questo testo, soprattutto con quel riferimento alla ?vita normale di relazione?, si persegue lo spostamento del problema sul piano esclusivo delle decisioni soggettive. Si suppone cioè che non esista alcun bene oggettivo di cui discutere e che dunque non ha senso, anche in ambito medico, la fatica tipicamente democratica del definire criteri condivisi e oggettivi di comportamento: l?unico criterio decisionale diverrebbe il riferimento a manifestazioni di volontà». Da questo, continua Eusebi, derivano conseguenze importanti per la società laica, a cominciare dalla «colpevolizzazione dei malati e loro famigliari che – in situazioni che non siano di accanimento – non intendessero avvalersi della possibilità di lasciarsi morire, richiedendo di fatto ulteriori investimenti di risorse socio-sanitarie». E comunque: «Si parla tanto di non accanimento, ma bisognerebbe riflettere anche sul non abbandono, che è molto più frequente».


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