Economia

Pensiamo globale, il mondo ci guarda

Diario dalla Cina: un summit internazionale di cooperatori raccontato in presa diretta. Da Shangai Renate Goergen, cooperatrice triestina e presidente dell'associazione Mat

di Redazione

Dal 15 al 19 maggio scorsi a Shanghai si è svolto un Export group meeting sul tema Cooperative e politiche attive del lavoro. L?incontro era organizzato dal Desa/Un, il dipartimento degli Affari economici e sociali delle Nazioni Unite, dall?Ilo – Organizzazione internazione del lavoro e dall?Ica – Alleanza internazionale cooperative . L?organizzazione ospitante era l?Acfsmc – All China Federation of Supply and Marketing Cooperatives. Per cinque giorni, 40 persone, cooperatori, esperti di cooperative e di sviluppo, responsabili di governo e delle politiche attive di lavoro si sono incontrati per discutere (a partire da esempi di buone pratiche ) su come le cooperative e i cooperatori possono essere sostenuti nella loro lotta alla povertà e all?esclusione sociale e per la creazione di posti di lavoro e di condizioni di vita più dignitose. Del gruppo faceva parte Renate Goergen, cooperatrice triestina, presidente dell?associazione Le Mat, promotrice della catena di alberghi gestita da soci svantaggiati. Che ha accettato di fare per SocialJob un resoconto dell?incontro. E’ una fortuna partecipare a un pezzo di lavoro che le organizzazioni internazionali fanno e organizzazione nella lotta contro la povertà, contro una globalizzazione selvaggia e unfair, per uno sviluppo più sostenibile, per condizioni di lavoro più dignitose, per la promozione di cooperative, piccole, piccolissime in tutto il mondo. L?opportunità di partecipare al lavoro che queste organizzazioni definiscono «expert groups» mi è stata offerta da Legacoopsociali che, tra le molte altre cose, si è data l?obiettivo di promuovere l?innovatività delle cooperative sociali italiane ben oltre i confini europei. Sono andata a Shanghai perché a livello internazionale la storia delle cooperative sociali italiane è considerata tra le esperienze più significative nella lotta all?esclusione sociale di crescenti gruppi di persone, nella costruzione di pratiche attive di cittadinanza e di sviluppo locale. Gli organizzatori avevano espressamente richiesto uno studio e una presenza sulla questione delle cooperative sociali italiane. Povertà, che fare? Ho potuto parlare e scrivere (dei successi e delle difficoltà) e ho potuto discutere tra pari grazie alla pratica mia e di migliaia di cooperatori sociali italiani tra cui molte persone con esperienze di emarginazione e disabilitazione; ho potuto esserci perché al di là di tante difficoltà le cooperative sociali sono diventate un pezzo importante e organico del movimento cooperativo italiano, che ha un ottimo nome nel mondo anche grazie al fatto che è stato capace di includere, a partire dal suo sorgere negli anni 70, un movimento di nuovi cooperatori schierati dalla parte dei più deboli e fortemente impegnato a costruire concrete possibilità di sviluppo, più sostenibile, più vicino alle persone. Che cosa possono fare le cooperative per creare lavoro di qualità nelle aree rurali e urbane, inclusa l?economia informale, per ridurre la crescente povertà? Come possono le cooperative contribuire in modo più attivo alla creazione di una globalizzazione più umana? Come possono le cooperative creare opportunità di lavoro dignitoso per le popolazioni indigeni, per le donne, per i giovani, per le persone con disabilità? Lavoro nelle realtà di crisi e di conflitto: come possono le cooperative mobilitare risorse locali e la partecipazione delle comunità per creare lavoro, eliminare tensioni, organizzare processi di ri-abilitazione e di transizione verso una situazione di tranquillità, sicurezza e sviluppo? Un modello diverso Questi e altri temi dovevano essere dibattuti alla luce delle relazioni, delle buone pratiche e delle Raccomandazioni 193 (adottate dai governi e dalle organizzazioni internazionali a partire dalla Conferenza internazionale del lavoro nel 2002) per arrivare alla comune elaborazione di un documento da proporre ai governi e alle organizzazioni cooperative sullo sviluppo e il supporto di cooperative di lavoro. Si è poi discusso nel dettaglio alcuni casi di esperienze significative presentate da Cina, Sudafrica, Singapore, Spagna, Giappone, Argentina, Brasile, Egitto, Mongolia, Bangladesh, Filippine, India, Malesia, Sri Lanka, Indonesia, Thailandia, Vietnam, Repubblica ceca e infine l?Italia, con le cooperative sociali. Dodici sezioni di lavoro per mettere a punto un documento utile a tutti coloro che nei governi e nelle organizzazioni cooperative, nella società vogliono sostenere, innovare e promuovere le piccole, nuove cooperative, sorte dovunque negli ultimi 20 anni, per la lotta all?emarginazione sociale e la povertà. Dovunque nel mondo c?è un nuovo movimento cooperativo che propone modelli di sviluppo diversi da quelli che stanno allargando la forbice tra i più ricchi e i più poveri ed è questo movimento che le organizzazioni internazionali (c?era anche la Fao) devono e intendono sostenere adoperandosi in tal senso anche presso i governi, le agenzie di sviluppo, lo stesso movimento cooperativo internazionale. Dovunque nel mondo questo movimento, che sorge dal basso, nelle aree povere, incontra barriere di accesso al credito e agli strumenti di sviluppo ma anche ai diritti di costituirsi impresa e spesso alle organizzazioni tradizionali delle cooperative. Dovunque nel mondo occorrono cooperative developers – persone che aiutano gli embrioni di gruppi cooperativi a svilupparsi e a raggiungere gli obiettivi di autodeterminazione, di uscita dalla povertà, dall?emarginazione, dall?assenza di diritti. Il modello Italia L?ultimo giorno era dedicato alla stesura del documento che ora è alla discussione delle organizzazioni e dei movimenti allargati. In sei pagine si entra nel merito del rapporto tra cooperative e sviluppo rurale e l?economia informale, si indicano filoni di lavoro concreti per il ruolo delle cooperative nella promozione di una globalizzazione più equa, si parla di aeree e gruppi di persone particolarmente svantaggiati ed esclusi e si fissano criteri di qualità per il lavoro e per l?economia. Il documento è davvero molto articolato e contiene numerosi punti che potrebbero diventare fondamentali anche sull?agenda dei cooperatori e del governo italiano. Si parla della messa a disposizione di strumenti di promozione, si parla del fatto che ad oggi e dovunque nel mondo le cooperative non incontrano condizioni di pari opportunità e troppo spesso si deve ancora lottare contro molteplici discriminazioni. Il documento cita esplicitamente le cooperative sociali italiane come caso particolarmente importante perché di grande successo e di grande importanza come strumento per la realizzazione di posti di lavoro per persone con disabilità e la lotta per una piena cittadinanza delle persone escluse. Il lavoro deve proseguire ora. Appena il documento sarà definitivo, potrebbe essere tradotto anche in italiano e inviato e discusso a tutti i livelli della nostra società italiana e europea: un mainstreaming cooperativo delle qualità cooperative, perché no! Il mio sogno… Cosa aggiungere? La Cina che ho visto a Shanghai è piena di persone molto simpatiche. Tra esse ho conosciuto cooperatori seri e giovani molto precari. Abbiamo parlato molto, abbiamo riso e progettato e non mi sono certo dimenticata di promuovere l?idea di una catena di alberghi gestiti dalle cooperative sociali di tutto il mondo… Info: www.legacoopsociali.it www.un.org/esa/socdev www.ilo.org www.ica.coop


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA