Welfare

Solo le coop investono sui detenuti

E invece sarebbe ora di considerarli una risorsa lavorativa. Anche perché i costi dell’emergenza finiamo per pagarli tutti... di Nicola Boscoletto, presidente Consorzio Rebus

di Redazione

Come dice il proverbio: il frutto si vede dall?albero. Per chi non volesse farsene una ragione, il carcere è il frutto della nostra società. Ma ormai lo sanno anche i muri (non parliamo di quelli che tengono in gabbia i detenuti), questo frutto è così marcio che il problema va affrontato nella sua complessità. Perché a pagare i cocci rotti del sistema carcerario in Italia non sono soltanto i detenuti, ma l?intero tessuto sociale. Inutile esonerarsi pensando di separare i buoni dai cattivi. Ognuno, nel suo piccolo, si deve assumere le proprie responsabilità. Sono due gli elementi determinanti sui quali bisogna attivarsi con urgenza: il lavoro e la casa. Due facce della stessa medaglia che hanno come denominatore comune la dignità dell?essere umano. Ma l?urgenza della questione non è soltanto determinata dai suoi risvolti morali. Ad oggi, ogni detenuto costa in media allo Stato italiano oltre 250 euro al giorno. Considerando che la recidiva raggiunge quote dell?80%, un solo punto percentuale di recidiva sottrae ogni anno alla finanza pubblica 55 milioni di euro. Una montagna di quattrini che andrebbero investiti sia nel miglioramento delle infrastrutture carcerarie che in progetti di reinserimento sociale. Ancora una volta il lavoro è la madre di tutte le battaglie. Dentro e fuori dal carcere. Dentro, attraverso un?implementazione della legge Smuraglia perché se su 61mila detenuti sono soltanto 790 a lavorare per aziende esterne, qualcosa da migliorare c?è. A ostacolare una presa di coscienza e di responsabilità delle regole sociali da parte dei detenuti è la macchina burocratica: mastodontica e disorganizzata. Non a caso, gli unici a investire nei detenuti sono le cooperative sociali. Eppure c?è l?esempio della Valigeria Roncato, una spa di nome e di fatto, che fa lavorare quindici detenuti con una percentuale di resa del prodotto del 99,9% contro il 60-70% ottenuto all?estero. A questa esperienza si aggiunge un dato del Dap secondo il quale nel 2005 il tasso di recidiva delle persone uscite in regime di semilibertà per attività lavorative è dello 0,29%. Il dopo nasce già dal dentro. A questo proposito, la cooperazione sociale svolge un ruolo essenziale per l?incremento dell?attività lavorativa sia dentro che fuori ponendosi come funzione di raccordo tra i detenuti e il mercato del lavoro, traghettandoli verso una società aperta. L?amnistia, con i dovuti distinguo, è puro ossigeno per il nostro sistema carcerario e va applicata. Accanto a questa vanno offerti ai detenuti percorsi di reinserimento sociale e professionale adeguati sia all?interno che fuori dalle carceri in modo tale che la nostra società non continui a patire gli effetti di questa piaga sociale. In termini morali ma anche economici. *presidente Consorzio Rebus


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