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I veri guai? quelli della riforma 2001

Intervista a Luca Antonini, docente / «Nessuno lo dice, ma la devolution ha restituito allo Stato ben 13 materie e l’interesse nazionale»

di Maurizio Regosa

Il percorso delle riforme costituzionali è cominciato nel 2001 (a colpi di maggioranza, ma quella volta del centrosinistra). Al di là del risultato del referendum, questo cammino non va interrotto: è l?invito di Luca Antonini, ordinario di Diritto costituzionale tributario all?università di Padova e vice presidente della Fondazione per la sussidiarietà, al quale abbiamo chiesto un giudizio complessivo sulla riforma costituzionale. «C?è stata molta disinformazione. Si è detto che è una legge ?spaccapaese?, ma questo non corrisponde al vero: al contrario essa ricentralizza molte competenze che erano state impropriamente regionalizzate dalla riforma del Titolo V. Ad esempio, le grandi reti di trasporto erano state attribuite in competenza concorrente, con l?assurdo risultato che se lo Stato vuole fare una rete ad alta velocità ogni Regione può decidere le misure delle traversine delle rotaie». Vita: Questa riforma quindi corregge in parte gli errori del passato? Luca Antonini: Certo. Si ricentralizzano 13 materie (fra cui la distribuzione dell?energia e l?ordinamento della comunicazione), mentre sono regionalizzate in misura maggiore sanità, istruzione e polizia amministrativa. In realtà non si tratta di chissà quale spinta verso il federalismo. Di fatto la sanità è già in mano alle Regioni; la competenza sull?istruzione riguarda essenzialmente i modelli di organizzazione ed è fatta salva l?autonomia delle scuole; quella sulla polizia è stata molto depotenziata. Viene poi introdotta l?idea dell?interesse nazionale. Vita: Alcuni criticano le competenze attribuite alle due Camere… Antonini: Il procedimento legislativo asimmetrico è fatto in modo pasticciato. È una parte opportuna ma molto perfettibile: entrerebbe in vigore dal 2011 e quindi ci si dovrebbe mettere mano, al di là del risultato del referendum. La cosa importante è che si interrompa la prassi della Costituzione cambiata a colpi di maggioranza. Occorrono regole condivise, è un principio fondamentale della democrazia. Apprezzo la proposta di Augusto Barbera e Stefano Ceccanti: rimettere mano alla Costituzione del 1948 tramite una convenzione con rappresentanti della politica e della società civile (anche del terzo settore). Vita: Torniamo alle competenze delle due Camere… Antonini: Il bicameralismo perfetto è da superare. Poteva andare bene in un paese appena uscito da una dittatura. Non funziona nel terzo millennio, di fronte alle sfide della globalizzazione. Vita: Che cosa si deve aspettare il terzo settore? Antonini: Sia che vincano i sì oppure i no, è importante riprendere alcuni contenuti in particolare in tema di sussidiarietà fiscale. Nel testo attuale si afferma che è compito di tutte le istituzioni valorizzare e riconoscere l?autonoma iniziativa dei cittadini. Potremmo dire che la larva della sussidiarietà diventa qui farfalla grazie a un più completo riconoscimento. Si parla anche di sussidiarietà fiscale e la cosa interessante è che questa parte è stata votata in modo bipartisan da maggioranza e opposizione. Vita: Alcuni paventano un aumento della spesa sanitaria e la differenziazione dei diritti? Antonini: Non è assolutamente vero. Rimane la competenza statale sui livelli essenziali. Il futuro è il federalismo fiscale. L?anomalia sarebbe rimanere al di là del guado.


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