Sostenibilità

L’onda di cemento sul Mediterraneo

Un rapporto delle Nazioni Unite fotografa, dati alla mano, la progressiva perdita di natura del "Mare nostrum". Di Michele Candotti, Segretario generale WWF Italia

di Redazione

Ècome se avessimo perso 20mila chilometri di coste rocciose e sabbiose, di zone umide, di estuari, delta e stagni costieri. Il cemento occupa ormai il 40% dei litorali. Ma questa cifra è destinata a crescere: entro il 2025 oltre il 50% delle coste mediterranee sarà cementificato. È la previsione del Dossier sullo stato dei litorali del Mediterraneo , elaborato dal Plan Bleu dell?Unep/Map, il Programma Ambiente Mediterraneo delle Nazioni Unite. Il dossier dimostra che, se non ci saranno interventi, il ?furto? di coste è destinato a peggiorare. Uno scrigno di biodiversità Il Mar Mediterraneo, con i suoi 46mila chilometri di coste per lo più rocciose, ricopre solo lo 0,8% della superficie acquatica terrestre, ma contiene ben il 7% di tutte le specie marine conosciute al mondo. Sono presenti 580 specie di pesci, 21 di mammiferi marini, 48 di squali, 36 di razze e 5 di tartarughe, oltre a 1.289 specie vegetali marine. Ben il 75% delle specie sono concentrate nella delicata zona costiera, che offre il massimo della ricchezza in nutrienti e luce solare. Affollate, cementificate, erose Con un tasso di crescita annuo dell?1%, la popolazione che abita le città costiere raggiungerà la cifra di 90 milioni di abitanti entro il 2025, rispetto ai 70 milioni registrati nel 2000. Il numero delle città costiere è quasi raddoppiato dalla scorsa metà di secolo, passando da 318 nel 1950 a 584 nel 1995. E in questo senso l?Italia vanta un vero primato: i 196 comuni dislocati lungo gli 8mila chilometri di coste rappresentano da soli quasi un terzo di tutti territori urbanizzati presenti in Mediterraneo. In termini di densità lineare delle città costiere, il valore è cresciuto di tre volte nell?ultimo mezzo secolo. Si è passati infatti da 580 persone per chilometro di costa nel 1950, a 1.530 nel 2000 e si prevede di arrivare a 1.970 nel 2025. A questi flussi si aggiungono i turisti: tra vent?anni saranno in 312 milioni a scegliere i litorali per trascorrere la bella stagione. Da uno studio condotto nelle isole Baleari, emerge che un turista produce in media il 50% di rifiuti solidi in più rispetto a un residente e il consumo di acqua potabile aumenta del 45%. La produttività e lo sviluppo antropico sono dunque concentrati lungo le coste. Il Plan Bleu stilato dall?Unep/Map nel 2000 ha censito 2.300 territori artificialmente edificati lungo il Mediterraneo. In sostanza ce n?è uno ogni 20 chilometri e la lista comprende, oltre alle 584 città, 750 porti turistici, 286 porti commerciali, 13 impianti di produzione di gas, 55 raffinerie, 180 centrali termoelettriche, 112 aeroporti e 238 impianti per la dissalazione delle acque. La cementificazione delle coste va da un minimo di 7% dell?Albania al 100% di Libano, Israele, Malta, Monaco e Slovenia. In l?Italia la percentuale di copertura si aggira attorno al 60-70%. In aggiunta, i 750 porti turistici esistenti disegnano una nuova linea di costa, che il più delle volte modifica le correnti marine e offre un consistente contributo al fenomeno erosivo delle coste. E dei 286 porti commerciali, solo 46 sono attualmente attrezzati per raccogliere i rifiuti delle imbarcazioni in transito, tutto il resto è smaltito ?comodamente? in mare. Se da una parte la pressione antropica si spinge sempre più vicino al mare, dall?altra il fenomeno erosivo delle coste rosicchia ogni anno nuove fette di territorio. La cementificazione del letto di fiumi e torrenti assieme alla costruzione di dighe e la deviazione artificiale dei corsi d?acqua ha, infatti, diminuito del 90% la quantità di sedimento che raggiunge il mare negli ultimi 50 anni. Questo impedisce l?apporto di sabbia e detrito necessario a mantenere vitali le nostre spiagge: ogni anno spariscono dai 30 centimetri ai 10 metri di litorale sabbioso. Italia, Spagna e Grecia conducono la lista mediterranea per l?erosione costiera: le spiagge si sono ridotte del 40% nell?ultimo mezzo secolo. Le zone umide Lagune, paludi e stagni costieri sono tra gli ecosistemi più delicati e ricchi di specie animali e ve g e t a l i . Nel Mediterraneo si trovano quattro grandi delta (Nilo, Rodano, Po ed Ebro). Questi ambienti sono tra le prime vittime del cemento riversato lungo le coste: negli ultimi cento anni è scomparso dal Mediterraneo il 50% delle zone umide. Proprio delta, lagune e stagni costieri sono i protagonisti di un studio mirato a sottolineare i vantaggi economici e naturali di questi habitat. La capacità di depurare le acque, il riparo fornito a dozzine di specie di pesci e a milioni di uccelli migratori che qui svernano e si riproducono, oltre alla produzione di risorse ittiche destinate alla pesca e all?acquacoltura, l?ecoturismo, ci dicono che il valore strettamente economico di questi ambienti può arrivare ai 2,4 milioni di euro per chilometro quadrato. Le ricette del WWF Sono finiti i tempi delle misure ?tampone?, parcellizzate, a carattere emergenziale e sempre tardive. Per il Mediterraneo ci vuole un nuovo ?patto?: coraggioso, innovativo, multidisciplinare e internazionale, perché deve mirare alla realizzazioni della convenzione di Barcellona e deve integrarsi con la politica di prossimità della Ue. Tra gli elementi di questo nuovo patto, ricordiamo: affrontare il problema della pesca, attraverso l?adozione di tecnologie e pratiche di pesca non distruttive e, soprattutto, attraverso la promozione di accordi con le comunità dei pescatori; a complemento la costituzione, ad esempio, di una zona di pesca esclusiva per il Mediterraneo. Istituire una rete vitale e funzionante di aree protette marine, attraverso forme di tutela più avanzate e pratiche gestionali meglio verificate. Revisione radicale del sistema di sussidi alla pesca nel Mediterraneo, per incentivare le ?buone? pratiche e disincentivare quelle insostenibili e distruttive. Per le coste: chiudere definitivamente l?epoca dei condoni edilizi, dei tentativi di ?sdemanializzare? e privatizzare gli arenili e della proliferazione non pianificata dei porti e porticcioli turistici. Infine, va applicata in toto e senza ritardi la Direttiva europea sulle acque, per il diretto impatto che questa ha sulla gestione integrata dei bacini fluviali e, quindi delle zone costiere.


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