Politica

Caro Prodi, il vero nemico è il partito della rendita

Nuovo governo, come vincere la tentazione del neo statalismo. Intervista ad Alberto Quadrio Curzio, presidente della facoltà di Scienze politiche alla Cattolica del Sacro Cuore, MI

di Francesco Maggio

«Tra sviluppo e rigore ci vuole una combinazione che oggi in Italia è particolarmente complessa da trovare. Il problema del rilancio della crescita italiana è di natura strutturale perché il divario con Eurolandia si è accumulato nel corso di un lungo arco di tempo di circa 15 anni. Quindi c?è la necessità di usare al meglio le poche risorse a disposizione ed effettuare una serie di risparmi che non devono però avere la natura di accanimenti rigoristici. D?altro canto l?economia italiana ha un carattere reticolare diffuso, ci sono 4 milioni di imprese e circa 600mila nel solo settore manifatturiero, e ciò rende tutto più difficile perché gli interventi non possono che essere di volta in volta molto mirati. E stavolta i margini di errore tollerabili sono davvero minimi». Per Alberto Quadrio Curzio, preside della facoltà di Scienze politiche dell?università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, tra i più autorevoli economisti italiani e brillante editorialista del Sole 24 Ore, bisogna partire da qui, dalla consapevolezza che il sistema economico italiano ha peculiarità assolutamente uniche nel panorama europeo e mondiale e che, quindi, non esistono ricette semplicistiche per risolvere il problema della crescita che affligge l?Italia da tempo. «Il nostro paese», afferma, «ha molti punti di forza che meritano di essere subito rilanciati perché poi potrebbero anche fare da traino al resto del sistema. Ma, ripeto, occorre far presto». E&F: Professore, da dove bisognerebbe cominciare? Alberto Quadrio Curzio: Le principali questioni aperte sono, a mio avviso, le seguenti: il tema della produttività che, nonostante alcune punte di eccellenza, è andata progressivamente diminuendo; i gravami fiscali sul sistema produttivo; il lavoro e le risorse umane; tre comparti dell?economia strategici come il manifatturiero, il turismo, l?energia. Ciascuna di queste merita grande attenzione. E&F: Come dovrebbe affrontarle un governo di centrosinistra? Quadrio Curzio: Mi limito a fare qualche riflessione su alcuni punti. Prendiamo il settore manifatturiero: nel 2005, nonostante la concorrenza asiatica e cinese, il made in Italy che si può identificare nelle 4 A, ossia abbigliamento-moda, arredo-casa, automazione-meccanica, alimentare-bevande, ha registrato un surplus commerciale di 80 miliardi di euro. Se non ci fossero stati tutta una serie di elementi penalizzanti, la crescita sarebbe potuta essere anche maggiore. E&F: A cosa si riferisce? Quadrio Curzio: Per esempio spingendo la ricerca e l?innovazione. E, ancora, per semplificare, alcuni enti pubblici di ricerca come il Cnr dovrebbero decentrare molti loro laboratori in contesti territoriali specifici per sostenere le reti di impresa che non possono fare ricerca internalizzata perché sono troppo piccole. Noi abbiamo 156 distretti industriali, se avessimo un laboratorio di ricerca in ogni distretto sarebbe un risultato con poco costo e molto vantaggio. E&F: Veniamo al tanto dibattuto tema del cuneo fiscale e alle ipotesi di una sua significativa riduzione. Quadrio Curzio: Tutto dipende da come la riduzione del cuneo fiscale di 5 punti promessa dal governo viene utilizzata. Se il cuneo ridotto va a ribaltarsi in una riduzione dei prezzi allora ne consegue che aumenta la competitività e, quindi, la crescita e l?occupazione. Se invece il cuneo viene assorbito in gran parte dai salari o dai profitti delle imprese allora gli effetti in termini di crescita sono praticamente nulli. È chiaro che simili scelte redistributive coinvolgono non solo il governo ma anche le parti sociali. E&F: Lei ha parlato di competitività. Non trova che si tratti di un termine ormai un po? troppo abusato? Per lei cosa significa? Quadrio Curzio: Vista dal lato delle imprese dovrebbe significare che nessuno ha posizioni garantite da norme o da altre forme protezionistiche per cui, a parità di condizioni, sul mercato vince il migliore. Questa definizione, però, va calata nel contesto dei diversi mercati perché c’è un problema di dimensione d?impresa. Si prenda, per esempio, il settore energetico, dominato da colossi. Una piccola azienda ha poche possibilità di sopravvivenza in questo comparto produttivo e quindi le politiche energetiche nazionali contano. E&F: E nel caso dei distretti industriali? Quadrio Curzio: La competitività distrettuale ha nel capitale sociale e umano uno dei suoi punti di forza. Sono quindi necessari interventi pubblicoprivati che mantengano e accrescano la coesione nel distretto. La coesione si crea anche operando interventi indiretti di agevolazione fiscale per enti non profit che producono beni relazionali. Questo io lo chiamo liberalismo sociale. E&F: Tuttavia si ha la sensazione diffusa che, seppur a vario titolo, il mondo produttivo, la classe politica, il governo non abbiano una profonda conoscenza della complessità che caratterizza il nostro sistema economico. Non è anche questo deficit di consapevolezza un freno alla competitività? Quadrio Curzio: Lo è per il ?sistema paese? perché l?Italia è uno di quei casi in cui la competitività è legata ad esso molto più che altrove dove protagonisti, invece, sono solo le grandi imprese o i grandi agglomerati. Il caso inglese è emblematico, in proposito: lì c?è un?impresa da 12 milioni di cittadini che si chiama Londra che è il più grande distretto finanziario del mondo. Il resto dell?Inghilterra è ben poco. L?Italia è un paese tipicamente reticolare dove le tre filiere delle istituzioni, della società e del mercato devono funzionare bene tutte e tre insieme. Per questo bisogna valorizzare i corpi intermedi della società, i soggetti che stanno in mezzo tra istituzioni e mercato, perché svolgono una funzione strategica di coesione. Ma anche di ?pungolo? su alcune questioni cruciali. E&F: Quali? Quadrio Curzio: Le privatizzazioni e le liberalizzazioni. Io credo che queste dovrebbero essere due dei punti più qualificanti l?azione del governo. Innanzitutto c?è l?apparato degli enti locali che non ha né privatizzato né liberalizzato molto. E questo è uno degli argomenti più delicati. In secondo luogo abbiamo assistito a talune privatizzazioni che non hanno avuto come coerente seguito le liberalizzazioni. È indispensabile che il ministero dello Sviluppo economico agisca con urgenza perché si tratta di questioni da cui dipende la crescita del paese. E&F: Un altro tema ?caldo? di cui tanto si è parlato nei mesi scorsi è quello delle cooperative, del loro ruolo nel nostro sistema socio-economico. Secondo lei come andrebbe affrontato? Quadrio Curzio: Premesso che ci sono diverse tipologie di cooperative e bisognerebbe vedere a quali si fa riferimento in particolare, io sono dell?avviso che il movimento cooperativo, nel suo complesso, sia un patrimonio del nostro paese. Bisogna però fare in modo che le cooperative si mantengano coerenti con i loro scopi istitutivi. Se invece si imbarcano in operazioni chiaramente speculative o anche multisettoriali che contrastano con la loro vocazione settoriale specifica, allora i dubbi diventano consistenti e quindi tanto vale che si trasformino in società di capitali. E&F: Nel suo discorso di insediamento, il presidente del Consiglio Romano Prodi ha sottolineato con particolare enfasi la necessità per l?Italia di una salutare ?scossa etica?. Secondo lei in cosa dovrebbe concretizzarsi questa scossa? Quadrio Curzio: Evidentemente, quando si parla di etica più che punti operativi ci vogliono spunti emotivi. Ne ?suggerisco? tre. Innanzitutto libertà e responsabilità dei cittadini, tutti noi dobbiamo muoverci con libertà ma con un senso di responsabilità continua perché siamo partecipi di una comunità di cittadini. Secondo punto fondamentale è l?identità, essenziale per lo sviluppo del paese stesso. Noi abbiamo un?identità legata alla nostra storia, alla nostra cultura, a una civiltà e dobbiamo rivitalizzare questo senso di identità, anche attraverso la coesione sociale e la capacità di fare. Infine, chi non ha questo desiderio di partecipare con le proprie capacità e libertà di intrapresa a una responsabilità comunitaria e cerca invece di collocarsi in una posizione di rendita, dovrebbe essere sanzionato, non dalla legge, ma quantomeno socialmente e, oserei dire, eticamente. Tutti noi abbiamo diritto alla nostra libertà ma abbiamo il dovere di essere parte di una comunità, anche attraverso un misurato uso della parola che dovrebbe essere sempre portatrice di saggezza costruttiva.


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