Politica

Immigrazione/2: dal lavoro ai diritti, tutti i nodi da superare

Mentre gli stranieri superano quota 3 milioni in Italia, si fa sempre più grande la “zona grigia” di chi non ha ottenuto la regolarizzazione

di Benedetta Verrini

Alla fine del 2005 la popolazione immigrata in Italia è arrivata a superare i 3 milioni di unità. Lo ha rilevato il nuovo Dossier statistico sull?immigrazione di Caritas/Migrantes, che ogni anno fotografa la situazione dei flussi migratori verso il nostro paese. «L?aspetto che colpisce maggiormente è l?incremento verticale delle presenze», commenta Franco Pittau, coordinatore del dossier. «Nel 2005 gli extracomunitari venuti per inserirsi da noi e i nuovi nati in Italia sono stati circa 180mila. Le proiezioni per il 2006 parlano già di 300mila unità. Questo trend ci porta a livelli paragonabili a inizio secolo, quando gli italiani si muovevano nelle stesse proporzioni per cercare fortuna all?estero». Regolarizzazione e sanatoria L?ultimo decreto flussi ha consentito la regolarizzazione di 170mila immigrati su un bacino di 485mila richiedenti: c?è una frattura tra mercato formale e mercato reale, che provoca sacche d?irregolarità ?cronica?, che finiscono per accumularsi, anno dopo anno. «è un fenomeno che testimonia la sostanziale incapacità della legge di interpretare e gestire le reali dinamiche di accesso degli immigrati nel nostro paese e nel mondo del lavoro», spiega Ennio Codini, docente di Diritto pubblico alla facoltà di Sociologia della Cattolica di Milano. «Si stima che ci siano circa 100mila unità di irregolari ogni anno», spiega. «Dopo un po? una sanatoria azzera il problema e ricomincia il ciclo. L?ultima sanatoria in Italia risale al 2002. Sono passati 4 anni e siamo daccapo». Non occupati ma occupabili Mentre la legge richiede che una persona abbia un lavoro e poi entri in Italia, «di fatto accade il contrario, prima si arriva in un paese e poi si cerca lavoro», prosegue Codini. «E ciò dipende dallo stesso atteggiamento dei datori di lavoro: difficilmente assumerò una badante o una baby sitter soltanto sulla base di una lista di nomi disponibile all?ambasciata di Manila, ma sarà nel mio interesse incontrare la persona, valutarne le caratteristiche e solo dopo assumerla». Secondo Franco Pittau «una delle priorità a livello legislativo consiste proprio nel ripristinare la venuta in Italia per la ricerca del posto di lavoro, o sotto forma di prestazione di garanzia o in altra forma». Non è la formula dei flussi a essere sbagliata, anzi, «l?esperienza di grandi paesi come Canada e Usa, ci dice che è giusto che i flussi siano controllati», specifica Codini. «Ciò che va ripensato davvero, nelle quote, è proprio il legame con il posto di lavoro: entro non (solo) perché ho un lavoro, ma perché sono occupabile. Perché il mio profilo (conoscenza della lingua, titoli di studio, competenze, esperienza) mi consentirà d?inserirmi». Cittadinanza e voto Il diritto di cittadinanza e la partecipazione politica non si trovano in cima alle priorità degli immigrati, «perché prima di tutto sono impegnati nella conquista di diritti civili primari: ottenere una casa con un affitto regolare, mandare i figli a scuola, avere diritto alle prestazioni sanitarie. Solo in un secondo momento l?immigrato esprime una domanda di partecipazione politica», spiega Codini. Sui diritti minimi, Pittau ricorda la «decisione quanto mai sconsiderata» di attribuire il bonus bebé alle solo coppie italiane. E che dire «dello scarso coraggio del governo di centrosinistra, quando restrinse la possibilità di fruire delle prestazioni economiche di assistenza sociale ai soli beneficiari della carta di soggiorno, che si acquisisce dopo sei anni di permanenza in Italia? La funzione dell?assistenza è quella di aiutare chi sta vivendo la difficile fase dell?inserimento: se uno sta da quattro anni in Italia e ha un figlio con handicap perché deve essere privato della pensione di invalidità civile?». La questine Cpt Un rapporto del 2004 di Msf denunciava che i Centri di permanenza temporanea in Italia erano in edifici inadeguati, con scarsi contatti con il Ssn, insufficiente assistenza legale e psicologica, abuso nella somministrazione di psicofarmaci, eccessi negli interventi delle forze dell?ordine. «Penso che riducendo la pressione della presenza irregolare in Italia si ridurrà anche quella alle frontiere e all?interno dei Cpt», rileva Codini. «Di certo, purtroppo, una componente di migranti irregolari ci sarà sempre. Per una parte di essi si potrà aprire la strada a una sanatoria caso per caso, valutando le possibilità d?integrazione sociale. Per altri,invece, si porrà sempre un problema di espulsione e un problema di ?trattenimento?, dal momento che la procedura di espulsione non può essere immediata. Questo non significa tenere i Cpt come sono adesso: queste persone hanno commesso solo un illecito amministrativo, non sono colpevoli di nulla. è necessario ridurre al massimo la durata del soggiorno negli stessi, attraverso accordi di collaborazione con i paesi di provenienza, e migliorare la gestione dei servizi, puntando sul privato sociale e contemperando le esigenze di sicurezza con quelle di una gestione civile della struttura».


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