Economia

Che Europa (sociale) sarà / Mario Mauro: più coraggio per abbattere le barriere protezionistiche

Parla il presidente dell’Intergruppo dell’Economia sociale

di Joshua Massarenti

Mario Mauro è vicepresidente del Parlamento europeo e insieme al belga Philippe Busquin è presidente dell?Intergruppo per l?Economia sociale e la sussidiarietà al Parlamento europeo. SJ: Quali sono gli obiettivi di questo organismo? Mario Mauro: L?intergruppo è una sorta di ?antenna? del Parlamento rispetto ad alcuni temi specifici e quindi costituisce uno strumento di sensibilizzazione e di azione su tutte le iniziative che toccano il tema oggetto di interesse e l?economia sociale rappresenta oggi uno di questi. Nella legislatura in corso uno dei temi importanti sarà il parere sulla Comunicazione della Commissione sulla «promozione delle società cooperative in Europa». Altri obiettivi riguarderanno gli statuti europei per le associazioni e le mutue, il ruolo dell?economia sociale nella strategia di Lisbona, il ruolo dell?economia sociale nel nuovo Cip – Competitiveness and innovation program. SJ: Che giudizio dà della Direttiva servizi Bolkestein? Mauro: Costituisce sicuramente un passo in avanti verso la liberalizzazione dei servizi nell?Unione europea, ma per arrivare al completamento del mercato unico e per smantellare la vecchia idea di welfare è necessario osare di più. I servizi rappresentano il 70 % del Pil comunitario. Pertanto se vogliamo progredire verso una vera integrazione dei mercati, con un conseguente aumento di crescita e occupazione, dobbiamo continuare a percorrere la strada intrapresa dalla Direttiva Bolkestein, cercando di sopprimere gli ostacoli burocratici di natura protezionistica che continuano ad esistere. SJ: E la questione finanziamenti? Cosa succederà nei prossimi anni? Mauro: Con l?allargamento a 25, i finanziamenti che vengono ridistribuiti diminuiscono. Ma non si può avere più Europa senza avere più stanziamenti. Penso soprattutto agli Stati dell?Est: rappresentano un terzo della popolazione, ma appena il 5% del Pil europeo. L?Unione non può diminuire i contributi altrimenti si rischia un allontanamento progressivo prprio dei neo entrati. Un rischio reale pensando che i paesi dell?ex blocco sovietico hanno visto nell?ingresso in Europa la loro ancora di salvezza per uscire dalla povertà.


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