Mondo

Somalia: ore drammatiche a Mogadiscio

Ancora scontri tra milizie islamiste e capi di guerra sostenuti dagli Usa per il controllo della capitale somala

di Joshua Massarenti

All’alba di stamane, Mogadiscio si è nuovamente svegliata sotto il tiro nutrito di armi pesanti. Ancora una volta, i protagonisti sono loro: le milizie dei tribunali islamici e i capi di guerra sostenuti dagli Stati Uniti. “Le violenze sono iniziate principalmente a Daynile (sud della capitale somala), attorno alle 9” spiega all’Afp una fonte locale residente nel quartiere più colpito dalla ripresa degli scontri mercoledì scorso. “I due fronti si sono resi protagonisti di scontri a fuoco che si possono sentire in tutta la città” ha aggiunto. Finora non è dato sapere il numero di vittime di questi ultimi scontri. L’ultimo bilancio risale al 25 maggio scorso con 30 morti secondo fonti ospedaliere e oltre 150 feriti per la Croce rosse internazionale. Dal canto loro, i capi tribali di Mogadiscio assistono impotenti a una battaglia i cui belligeranti non sembrano intenzionati a fermare. La situazione è diventata talmente preoccupante che il Segretario genrale delle Nazioni Unite Kofi Annan ha chiesto “ai due fronti un cessate il fuoco immediato e incondizionato nel rispetto della volontà degli abitanti di Mogadiscio, dei capi tribali e della comunità internazionale”. Ma dalle forze in campo, non è giunta nessuna risposta. Da oltre un mese, la capitale della Somalia è sprofondata in un clima di guerra civile tra milizie dei tribunali islamici, sospettati da Washington di essere finanziati da reti terroriste, e le forze per la pace contro il terrorismo, un’alleanza messa in piedi nel febbraio scorso dall’intelligence statunitense per il controllo di un’area geopolitica strategica nell’ambito della lotta antiterrorista in Africa. Dal 1991, la Somalia è in preda a una guerra civile fra le più sanguinose del continente africano


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