Volontariato

Io avrei fatto un ministero per il nord

Non si va molto lontano se non si riesce a coinvolgere la parte più dinamica del paese nel progetto di rilancio.E guai a pensare che questa sia solo l’Italia della partita Iva

di Savino Pezzotta

Finalmente è partito. Adesso lo vedremo all?opera. La strada che porta alla formazione di un governo è sempre attraversata da intoppi, rivalità e polemiche: così è stato anche nel caso di Prodi, anche se occorre rimarcare che si è fatto in fretta e rispettando i tempi stabiliti. Non mi appassiono al tema della durata di questo esecutivo, che mi auguro duri, perché il paese ha veramente bisogno di un periodo di governabilità. Spero anche che i rapporti tra maggioranza e minoranza si facciano più sereni e si estirpino i veleni seminati in campagna elettorale. Ora attendiamo il governo all?opera. Certo la situazione che deve affrontare è tutt?altro che facile: le spese correnti crescono, il debito viaggia verso il 108% del Pil e l?avanzo primario è ridotto ad un misero 0,5%. Questo è lo scenario economico entro il quale dovrà operare il governo Prodi. Questo spiega perché si è limitato all?annuncio di intenti più che ad indicazioni precise. Vedremo nei prossimi giorni come la capacità complessiva del nuovo governo si dispiegherà e quali decisioni saranno assunte. Sono convinto che servano politiche economiche rigorose per risanare il paese e renderlo competitivo. Si deve e si può parlare di rigore e di politiche per l?innovazione, mentre escluderei il ricorso a una politica di sacrifici. Il Welfare diviso Nell?attesa di conoscere il programma economico, vorrei avanzare due osservazioni: la prima riguarda la ridivisione del ministero del Welfare in tre ministeri. Nessuno nega l?importanza che oggi assumono le politiche del lavoro, della famiglia e quelle sociali, ma un intervento riformatore ha oggi più che mai bisogno di un approccio sistemico. Spero che su questo terreno si sia in grado, al di là di chi assume le responsabilità ministeriali, di determinare un alto grado d?indirizzo e d?integrazione tra le diverse competenze. Se questa suddivisione ha l?obiettivo di richiamare alcune centralità come quella della famiglia, non bisogna che questo significhi un suo isolamento rispetto all?insieme delle politiche sociali, di contrasto alla povertà e d?inserimento al lavoro. Lo stesso dicasi anche per le politiche dell?immigrazione; va bene la revisione delle quote d?ingresso, ma quello che si deve cambiare è l?impianto complessivo della Bossi-Fini. Che fare della Biagi Per quanto riguarda il Lavoro occorre che si esca dalla polemica sulla legge Biagi verificando con oggettività i risultati della sua applicazione, sopprimendo le inefficienze e tutto quanto ha peggiorato le condizioni di lavoro, di reddito, di sicurezza previdenziale, introducendo ammortizzatori sociali, diritti e tutele di nuovo tipo che integrino quelle già stabilite per i lavori tradizionali. Si tratta di completare e portare a compimento l?intervento di riforma del mercato del lavoro avviato con il ministro Treu. Essendo da sempre convinto che la legge 30 debba essere modificata, credo che oggi più che le discussioni serva un?azione riformatrice di ampio livello. In poche parole, dobbiamo arrivare a determinare il passaggio dalla flessibilità ad una flexicurity in cui non sia protetto solo chi ha il posto di lavoro, ma la persona nel suo complesso, soprattutto dentro il mercato del lavoro. Incamminarsi su questo terreno significa avviare un profondo ripensamento dei nostri sistemi di protezione e promozione sociale, dando spazio a nuove forme di partecipazione e di cura in cui il privato sociale possa ricoprire un posto adeguato. Altra questione che va messa a tema è il divario territoriale che oggi non si misura più solo ed esclusivamente sul terreno socio-economico. Il Sud resta il grande problema del paese, ma nello stesso tempo sta emergendo con sempre maggior forza una sorta di questione settentrionale che questo governo deve affrontare con molta chiarezza se vuole determinare in termini nuovi una nuova idea d?unità nazionale. Non si generano nuovi orizzonti di governabilità se la parte più industrializzata, che è attraversata da processi profondi di innovazione economica, industriale, finanziaria e di composizione sociale, non è coinvolta nel rilancio e nel risanamento del paese. Sono convinto che serva oggi, anche per il Mezzogiorno e per un nuovo sviluppo, una nuova e forte rete di collegamenti con la realtà settentrionale, con i suoi interessi e con la sua nuova sensibilità culturale e sociale. Il Nord non è solo il territorio della partita Iva, del lavoro individuale, ma anche di profondi processi di trasformazione sociale, che vede il sorgere di nuove ed inedite forme d?articolazione sociale, cui occorre dare una prospettiva di futuro per evitare il formarsi di una socializzazione asociale e fortemente individualista. Bonomi, pezzotta e La questione settentrionale Anche Aldo Bonomi dalle colonne del Sole 24 ore ha lanciato la questione del Nord. Lo ha definito la «dorsale italiana dello sviluppo». «è un sincretico capitalismo di popolo di cui la politica e i mezzi di comunicazione spero tengano conto». è grazie a questo capitalismo se «la retorica del declino non si è fatta sindrome del crollo», ha scritto Bonomi. è quello delle medie imprese che, mentre le grandi licenziavano, hanno conservato l?indice più elevato di crescita. E non si sono chiuse nel localismo ma sono andate per il mondo. Che succede se dovessero sentire la politica come ostile e nemica?


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