Formazione

Se Prodi andasse ad Osnago…

E' stato impressionante constatare la qualità delle relazioni tra gli amministratori provinciali e locali

di Riccardo Bonacina

impressionante la distanza tra la pratica politica a livello nazionale e quella a livello locale. Quando, all?indomani delle elezioni, abbiamo sottolineato come il nostro paese fosse nelle sue pratiche sociali territoriali assai meno diviso che nella sua rappresentazione politica, dicevamo un?ovvietà per chiunque ?abiti? davvero un territorio. Mi è capitato, in questi giorni, di partecipare ad Osnago (sul confine meridionale di quella fetta verticale di Lombardia che è la provincia di Lecco, che collega l?Alto Lario con i limiti delle periferie milanesi), alla festa per il decennale di Manifesta, rassegna del sociale che la redazione di questo settimanale ha contribuito a far nascere nel 1996. è stato impressionante constatare la qualità delle relazioni tra gli amministratori provinciali e locali, le rappresentanze dell?artigianato e dell?impresa sociale, i rappresentanti delle fondazioni d?origine bancaria, i dirigenti dei Centri di servizio al volontariato, quelli delle Aziende sanitarie locali; la qualità delle loro relazioni e delle relazioni con i loro amministrati. Non che ciascuno non appartenesse a qualche area politica, anzi: ai quei tavoli erano rappresentati tutti i partiti, dai leghisti ai diessini, dai rappresentanti della Margherita a quelli di Forza Italia. Eppure, nel discorrere intenso l?unico accenno alle questioni romane (elezioni, nomine ai vertici dello Stato, deleghe ai ministri) era una sorta di invito concorde: «Speriamo non facciano troppi danni». è questa l?aria che tira sui territori, cioè nei luoghi in cui alle questioni quotidiane si cercano risposte concrete e il più possibile condivise. Risposte ai bisogni delle persone e a quelle delle imprese. è una sensazione, un comune sentire che chi si appresta a governare dovrebbe tener ben presente. In questi giorni si è molto discusso dello ?spacchettamento? di alcuni ministeri, tra cui quello del Welfare, e dell?attribuzione delle deleghe a una composizione ministeriale di 100 unità. Ora, si comincia a parlare dei tavoli di concertazione, i nuovi ministri ne hanno già annunciati qualche decina, molti altri ne hanno chiesti le rappresentanze sociali e di categoria. Che si ricominci a discutere e a fare i conti con i corpi intermedi della società è, ovviamente, un bene. Ma se davvero si vogliono affrontare i problemi e non solo spartirsi porzioni di potere, occorrerà inaugurare una ?concertazione? in qualche modo nuova, occorrerà sperimentare nuove modalità di confronto. Oggi, infatti, la rappresentanza non può più essere di tipo distributivo, ossia non ci si può limitare a partecipare col massimo del potere contrattuale alle procedure e ai rituali di spartizione di una ?torta? ormai ridotta ai minimi termini. Si tratta invece di contribuire a produrla. E quando si rappresentano attori interessati a produrre qualcosa di nuovo, allora non basta contarsi, bisogna sapere bene che cosa si vuole. La rappresentanza, e di conseguenza la concertazione, deve divenire progettuale, e deve definirsi più per le cose da fare e per come riesce a farle davvero, e non solo per quanto si è capaci di chiedere o perché si rappresentano porzioni d?Italia che non esistono nemmeno più. Se davvero si vuole rimettere in moto il paese non ci si può ridurre a governare contro qualcuno, ma ci si deve attrezzare per governare ?con?. Con tutti coloro che hanno idee, progetti e capacità di produrre nuove porzioni di ?torta?. è questa la vera scossa di cui ha bisogno il paese. Diventarne tutti responsabili.


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