Politica

Servizio civile: non siamo la stampella del Welfare

Volontari, associazioni e sindacati fanno fronte comune: togliere le competenze alla Presidenza del Consiglio è un errore. Ma una via d'uscita ci sarebbe...

di Stefano Arduini

Fronte compatto. Il trasferimento delle competenze sul servizio civile nazionale dalla Presidenza del Consiglio alla Solidarietà sociale non piace proprio a nessuno. Né all?Unsc, l?ufficio nazionale, che la legge del 2001 istituisce esplicitamente a Palazzo Chigi. Né, tanto meno, agli enti e alle associazioni. Due le ragioni. La prima di ordine culturale. «Non siamo una stampella del welfare», tuona Fausto Casini, presidente della Cnesc – Conferenza nazionale enti di servizio civile. Nessuna indulgenza nemmeno da parte di Massimo Paolicelli, referente dell?Aon – Associazione obiettori nonviolenti: «Mai avrei pensato di scontrarmi con il centrosinistra proprio su questi temi (Paolicelli è candidato al XIX municipio di Roma con i Verdi, ndr), ma in questo modo si mette in discussione il valore di difesa della Patria del servizio civile, affermato, fra l?altro, dalla stessa Corte Costituzionale». Dietro l?angolo c?è «il rischio di una deriva dei progetti sul versante dell?assistenza sociale», osserva la Cnesc. Emanuele Pizzo e Concetto Russo, i due rappresentanti dei volontari nella Consulta nazionale sono arrivati addirittura a scrivere una lettera aperta al neo premier Romano Prodi chiedendo «la ratio di questo trasferimento di competenze», spiegando la loro preoccupazione in ragione «dei tradizionali tagli a cui è sottoposto quel ministero» e ricordando che «il servizio civile è concepito innanzitutto come difesa non violenta della Patria: un esempio di cittadinanza attiva che merita un rilievo di prim?ordine». Che sia stata una scelta ponderata («ma in questo caso non si capisce perché nessuno abbia sentito la necessità di alzare il telefono e chiedere a un?associazione qualsiasi che cosa ne pensasse», ringhia Paolicelli ) o l?esito del gioco dei pesi e dei contrappesi interno alla nuova maggioranza, l?affidamento di questa materia al ministero di Paolo Ferrero rischia di riportare indietro le lancette dell?orologio al 2001. L?anno di esordio dell?Scn, il nuovo servizio civile nazionale. Sono poco più di un centinaio infatti gli impiegati presso l?Ufficio nazionale: 11 dirigenti e 22 funzionari assunti dalla Presidenza del Consiglio e 90 comandati, per lo più distaccati dal ministero della Difesa. Nessuno di loro sarebbe disponibile a passare alla Solidarietà sociale. Il rischio azzeramento è più che reale. Il motivo è presto detto: «Là guadagnerebbero di meno», dice secco Massimo Palombi, direttore dell?Unsc. La pensano allo stesso modo i sindacati. Tanto che Cgil, Cisl e Uil parlano di «rischio caos» e hanno già chiesto un incontro urgente al ministro della Funzione pubblica e alla Presidenza del Consiglio. Insomma, a poche ore dalla nomina, Ferrero, proprio lui, ex obiettore di coscienza, rischia di inciampare sul servizio civile. «In realtà un?alternativa ci sarebbe: assegnare la competenza politica alla Solidarietà sociale, lasciando la gestione amministrativa della macchina organizzativa al nostro ufficio»: l?idea di Palombi non dispiace nemmeno a Casini («si potrebbe pensare però anche a un ministro senza portafoglio, per esempio alle Politiche giovanili di Giovanna Melandri, affidandosi alla cassa di Palazzo Chigi come ha fatto il centrodestra con Giovanardi»). Ferrero ci sta pensando. C?è però un ostacolo da superare: i tesorieri della Presidenza del Consiglio. Gli unici a stappare lo spumante, appena saputa la notizia del trasferimento.


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