Mondo

America Latina l’era del neo-com

È la formula che riassume una svolta politica profonda.Una sinistra comunitaria, dalle tante sfaccettature, risponde alle pretese egemoniche dei neo-con Usa. E conquista ovunque consensi

di Sandro Calvani

«La storia è finita» sentenziava Francis Fukuyama nel 1992. Per il vice direttore degli affari militari del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti quella era una forma elegante per dire che, dopo la perestroika e la glasnost (riforma e trasparenza) del presidente sovietico Gorbaciov, non ci sarebbero più stati dubbi ideologici sulla superiorità del modello capitalista occidentale. Nel 1989, all?indomani della caduta del Muro di Berlino, il presidente statunitense Ronald Reagan in modo più chiaro e tagliente aveva detto: «La guerra fredda è finita: abbiamo vinto noi». L?America Latina diede subito ragione al potente vicino del Nord. Nel 1993 tutto il Centro e il Sud del continente americano erano filocapitalisti. Nuove e antiche democrazie portarono al governo con maggioranze convincenti partiti di centrodestra, filoamericani e forti sostenitori del libero mercato come vera divinità moderna. Cuba e il suo leader comunista non eletto Fidel Castro erano visti un po? come extraterrestri, tanto che furono espulsi dall?Organizzazione degli Stati americani. Come esempio di tanta arrogante certezza, nel 1993 perfino la Bolivia, uno dei paesi più poveri del Sud America, quello con la più alta percentuale di popolazione indigena, eleggeva presidente Gonzalo Sanchez De Lozada, l?uomo più ricco del paese, cresciuto in Usa nella famiglia Rockfeller.

Panorama ribaltato
Solo dieci anni dopo, cogliendo di sorpresa molti futurologi, il panorama politico latinoamericano è completamente cambiato. In modo un po? sommario, ma anche d?effetto, a Washington qualcuno ha battezzato la nuova sinistra che vince a Sud dell?Equatore come neocom, come se fossero solo idee e politici nuovi, ma sempre comunisti, riformati ma non pentiti, eredi fedeli dei nemici della guerra fredda. La parola neo-com, detta ?nueva izquierda?, in America Latina è troppo sintetica per definire un fenomeno così variegato e complesso come la nuova sinistra latinoamericana. Ma forse è verosimile l?ovvia contrapposizione ai neo-con, una nemesi per i nuovi conservatori che sono maggioranza e governo negli Usa di George W. Bush. Molti osservatori infatti sono certi che l?abbandono deciso dai neo-con Usa delle politiche tradizionali di cooperazione allo sviluppo in aiuto al Sud, ha accelerato o addirittura aiutato l?affermarsi delle nuove sinistre radicali. Il 9% del petrolio del mondo e il 43 % degli immigrati in Usa vengono dal Sud America.
Le sinistre populiste C?è molto di nuovo e anche qualcosa di vecchio nella nuova grossa ondata di sinistra di governo in America Latina. Il partito dei lavoratori che ha portato al potere Lula da Silva in Brasile era stato al governo di grandi città e di alcuni Stati brasiliani per decenni prima di vincere le elezioni presidenziali. La sinistra di governo nei Caraibi è così antica che in certi paesi, come ad esempio Barbados, da oltre 15 anni l?alternanza al potere è tra il nuovo Labour e il vecchio partito laburista. Sono invece autenticamente nuove le sinistre populiste e indigeniste di Chavez in Venezuela e di Morales, primo presidente aymara della Bolivia e primo presidente indigeno delle Americhe. Con il 45% nei sondaggi Ollanta Humala, leader di un movimento etno-nazionalista in Perù, ha ottime chance di essere eletto il 28 maggio presidente del Perù, nel ballottaggio con Alan Garcia, ex presidente e leader della sinistra tradizionale. Giustizia, uguaglianza, accesso alla salute e all?educazione sono i comandamenti della sinistra non tradizionale di Vicente Fox, presidente del Messico; pacifismo e diritti umani sono i fondamenti della vittoria di Oscar Arias in Costarica; Ricardo Lagos e la sua successore Michelle Bachelet sono rigorosi socialdemocratici cileni; più radicalmente socialista Tabarè Vazquez al governo dell?Uruguay dal 2005 mentre Nestor Kirchner, presidente dell?Argentina, si caratterizza per un radicalismo progressista, più moderno del peronismo da cui proviene. In Nicaragua Daniel Ortega vola nei sondaggi delle prossime elezioni di novembre.

Due accordi storici
Quasi impossibile dunque trovare un forte carattere ideologico o economicosociale comune alle nuove sinistre. Per questo hanno rappresentato una grossa sorpresa due nuovi accordi commerciali in qualche modo alternativi alla dominanza Usa negli accordi di libero commercio. Il 5 maggio a Nueva Igazù il brasiliano Lula e l?argentino Kirchner, esponenti di punta della sinistra socialdemocratica rispettosa del libero mercato, hanno incontrato il boliviano Morales e il venezuelano Chavez, leader della nuova sinistra radicale e populista. I quattro hanno appoggiato le nazionalizzazioni del gas naturale che Morales aveva appena annunciato senza alcuna consultazione o negoziato con i paesi vicini che sono i principali clienti. Il Brasile ha assoluto bisogno di garantirsi il flusso di 25 milioni di metri cubi di gas boliviano necessario per la crescita della grandi città brasiliane e certo deve anche riconòscere un prezzo un po? meno stracciato ai produttori boliviani. Daniel Ortega ha dichiarato che in caso di una sua presidenza il Nicaragua si unirebbe all?Alba – Alternativa Bolivariana per le Americhe, fondata nel 2006 da Cuba, Bolivia e Venezuela. Alba è visto come un nuovo accordo di libero commercio alternativo più omogeneo della vecchia Can, la Comunità Andina, denunciata dal Venezuela dopo che Colombia e Perù avevano firmato il trattato di libero commercio con gli Usa.

Un nuovo collante
Petrolio, gas e commerci saranno il nuovo collante di un?alleanza più solida delle lotte popolari per la giustizia? In un gioco politico internazionale dove almeno dieci nuove sinistre crescono in modo davvero autoctono, è difficile prevedere gli sbocchi. Ma Evo Morales ha addirittura riaperto le relazioni diplomatiche con il Cile, un vero tabù per generazioni di boliviani, mostrando una capacità di leadership e visione che pochi si aspettavano. Le riserve di diversità biologica dell?Amazzonia, la produzione di ossigeno di grandi paesi come Colombia, Brasile ed Argentina certo avrebbero bisogno di una gestione più attenta ai diritti delle generazioni future che agli interessi immediati del capitale e dell?impresa. Un fatto è evidente: più che alle storie di vecchie sinistre i neo-com guardano soprattutto alle urgenze di sviluppo dei loro popoli. Forse era vero che «la storia è finita», quella che tutti avevano visto prima che Fukuyama chiudesse il sipario. Quella nuova in America Latina non è un secondo atto imprevisto. È una storia del tutto nuova: ai protagonisti non interessano guerre fredde, calde o tiepide ma solo vogliono accelerare la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del millennio.

* dirigente dell?Onu. Quanto qui espresso non rappresenta necessariamente l?opinione delle Nazioni Unite www.sandrocalvani.com

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