Non profit

Il Barcellona sembra tanto una cooperativa

E se prendessimo esempio dalla squadra catalana? I 134mila soci eleggono il presidente e i principali organi. E contribuiscono con le loro quote a una grossa fetta del bilancio

di Paolo Manzo

Osasuna, Atletico Bilbao, Real Madrid e Barcellona. Sono questi i fantastici quattro della Liga spagnola che – per oltre un secolo – hanno resistito alle sirene di chi le vorrebbe trasformate in Sociedades Anonimas, o S.A., (le spa nostrane). «L?ultimo tentativo», spiega Paco Aguilar, giornalista del quotidiano El Mundo Deportivo, «è stato fatto nel 2001, quando il Barça sembrava a un passo dall?abbandonare i soci per la Borsa, ma poi non se n?è fatto nulla». 134mila soci, 1.545 club nel mondo, 208 milioni di euro di entrate e 189 di uscite (anno sociale 2005-2006), uno stadio di proprietà, il Camp Nou. Basterebbe questo per descrivere il Barcellona, società polisportiva (perché oltre al calcio c?è anche il basket, il rugby, la pallavolo, l?hockey su prato) fondata nel 1899. Ciò che però la rende unica è la democraticità del sistema societario che trasforma i soci negli unici e veri decision makers, come illustra il sito www.fcbarcelona.com, rigorosamente in catalano: «Ten voz y voto», «Alza la voce e vota!». Sono infatti i soci a scegliere il presidente e la giunta direttiva della squadra, durante le elezioni ogni quattro anni. Unico presupposto è che il votante sia socio da almeno un anno. Altro diritto sociale dei 134mila Barçistas è la possibilità di scegliere i tre quarti dei 2.422 soci dell?assemblea di rappresentanza, l?organo che supervisiona gli acquisti e le cessioni fatte dalla giunta direttiva, approva i bilanci e decide le sanzioni disciplinari per i tesserati. Dulcis in fundo, ciascun socio può candidarsi per essere eletto nell?assemblea di rappresentanza o nella giunta direttiva, l?organo che sta sotto il presidente e diventare l?omologo di ciò che erano alla Juventus Moggi, Giraudo e Bettega… Insomma nel Barça i soci sono anche i proprietari e sono così numerosi (134mila è il record mondiale dell?associazionismo sportivo) anche perché durante la dittatura il Camp Nou era l?unica arena pubblica in cui i catalani potevano esprimersi liberamente. Ma come fa ad arrivare a 208 milioni di euro d?entrate il Barcellona? Una fonte è composta dalle quote annuali dei soci (tra i quali non mancano nomi illustri quali il tenore José Carreras, Juan Antonio Samaranch, Joao Havelange e, sino alla sua morte, anche Karol Wojtyla): circa 14 milioni di euro. Altre fonti di reddito arrivano dalla vendita di immobili a cui si debbono aggiungere gli introiti derivanti dai biglietti di Liga e Champions e relativi diritti televisivi – in netta crescita-, la gestione degli impianti polisportivi, l?entrata di nuovi sponsor (anche se non sulla maglietta azulgrana, da sempre vergine da marchi) e l?aumento del 30% rispetto alla scorsa stagione delle vendite da merchandising. «Questo basta e avanza per avere un bilancio sostenibile e lo dimostra l?utile di esercizio di 19 milioni di euro della stagione appena chiusa», chiosa Ferran Soriano, vicepresidente economico del Barça. Già, perché nel club catalano che assomiglia molto al sistema cooperativistico nostrano, c?è anche un vicepresidente incaricato di far quadrare i conti: un vero modello per il nostro calcio, costantemente ?in rosso?. Paolo Manzo


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