Famiglia

“La follia reclusa” è un museo

Apre il 20 maggio a san Servolo a Venezia

di Carmen Morrone

Un percorso attraverso la storia della cura della pazzia negli ultimi tre secoli in laguna, che a Venezia diventa anche storia di un´isola: San Servolo. Una esposizione costituita da oggetti e immagini che raccontano l´evolvere della terapia psichiatrica attraverso le vicende personali di migliaia di persone. Grazie alla Provincia di Venezia e alla Fondazione Irsesc, sull´isola verrà inaugurato ufficialmente – sabato 20 maggio – il “Museo del Manicomio di San Servolo – la Follia reclusa”, ultimo atto di un lungo programma di recupero e riqualificazione del vastissimo patrimonio archivistico dell´ex casa di cura manicomiale veneziana, i cui elementi più significativi saranno visitabili lungo le sale e i corridoi che corrono nel chiostro che circonda la storica chiesa. “Il Museo del Manicomio di San Servolo – ha spiegato il Presidente della Provincia di Venezia, Davide Zoggia – è operazione culturale e scientifica di inestimabile valore e rappresenta la voglia di non dimenticare, di raccontare, in particolar modo ai più giovani, cos´abbia rappresentato l´Isola per la Città e per tutto il Territorio. Sarebbe un errore di grandissima portata guardare solo al futuro abdicando alla vocazione di testimone di storie che quest´isola racchiude e custodisce gelosamente. Per questo l´apertura del Museo è una vittoria umana e politica allo stesso tempo”. Un traguardo che diventa realtà grazie al lavoro del neuropsichiatra Diego Fontanari e del professor Mario Galzigna, docente di Storia della Scienza all´Università di Venezia, cui è stato attribuito l´incarico di curare l´aspetto scientifico e storico. L´Istituto per le Ricerche e gli Studi sull´Emarginazione Sociale e Culturale Irsesc, che in questi anni ha lavorato al patrimonio di San Servolo su indicazione della Provincia di Venezia fin dal 1979 (anno successivo alla chiusura dell´Ospedale psichiatrico), è presieduto da Silvana Tonon Giraldo, e gode del coordinamento generale di Luigi Armiato. Diversi, i settori in cui sarà suddiviso il Museo, che si avvarrà anche di una sezione storica introduttiva nella quale verrà presentata la storia dell´isola e dei suoi ospedali e di una saletta con fotografie e materiali multimediali del periodo manicomiale: si andrà dai metodi di contenzione e di cura ottocenteschi (come catene, manette, camicie di forza e docce forzate) ai materiali di laboratorio; dai manufatti realizzati negli anni dagli ospiti dell´isola alle strumentazioni utilizzate nella cura della malattia mentale negli ultimi centocinquant´anni; da una selezione del vasto archivio (con il primo documento del 1725, con cui il Consiglio dei Dieci invia sull´isola “L´Illustrissimo Signor Lorenzo Stefani […] come pazzo”) ai semplici oggetti usati dai pazienti nel loro vivere quotidiano. Tra le particolarità scientifiche “riscoperte” con questa iniziativa va segnalata nei locali del museo la presenza di alcune apparecchiature per l´elettroshock; una pratica abbastanza conosciuta, della cui paternità però pochi forse sanno come sia italiana: inventore del sistema fu infatti il neuropsichiatra romano Ugo Cerletti, che la utilizzò per la prima volta nel 1938; prima, stavolta a San Servolo, la musicoterapia aveva avuto un suo sostenitore in Cesare Vigna, Vice Direttore del manicomio nella seconda metà dell´Ottocento e poi primo Direttore della casa di cura psichiatrica di San Clemente, nonché grande amico del compositore Giuseppe Verdi: in esposizione, il bel pianoforte utilizzato all´epoca per le terapie nella “sala della musica”. Non solo: l´esposizione veneziana può vantare anche alcuni rarissimi pletismografi auricolari e a forma di mano di Luigi Patrizi, che servirono ai primi del Novecento a rilevare la variazione della circolazione del sangue in funzione delle emozioni che si cercava di produrre nel paziente: in pratica, lo stesso principio che molto più tardi starà alla base della creazione della macchina della verità. A completare il percorso una sala anatomica delicatamente scorporata dal resto del Museo: i reperti che vi saranno conservati, come crani (tra cui un microcefalo), cervelli e un lettino anatomico ottocentesco, saranno visibili solo a chi sceglierà di farlo. Il Museo del Manicomio di San Servolo non sarà infatti una galleria degli orrori. L´impronta che si è voluta dare all´iniziativa è chiaramente storica e scientifica, perché non vada persa la memoria della percezione della malattia mentale e della sua cura attraverso i secoli, così come quella dei luoghi che oggi, aperti e asserviti alla città con tutt´altra destinazione, ne furono teatro. Nel corso della giornata inaugurale sarà inoltre scoperta una realizzazione in bronzo dello scultore Gianni Aricò: si tratta di un gruppo di grandi dimensioni rappresentante la pazzia, ispirato dal mito di Niobe, che vede tutti i suoi figli ammazzati dalla furia di Latona invidiosa di lei. La figurazione rappresenta dunque Latona nell’atto di colpire Niobe che fugge cercando di portare in salvo il suo bambino. Il linguaggio espressionista è teso soprattutto ad evidenziare i moti interiori dell’animo più che indagare sulla figura


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