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AiBi: 4 anni di attesa per adottare un bambino
Lo storico ente denuncia le maglie burocratiche della commissione Adozioni Internazionali e lancia l'allarme: "L'adozione rischia di morire"
Per le coppie che intendono adottare un bambino abbandonato non saranno sufficienti due anni di attesa, ma addirittura quattro: è la denuncia di AiBi, Associazione Amici dei Bambini, storico ente autorizzato alle adozioni internazionali.
?Non da oggi denunciamo che si sta bloccando il sistema delle adozioni internazionali in Italia ? dice il presidente, Marco Griffini ? così che siamo con le mani legate e non riusciamo a garantire, in tempi stretti, il diritto di ogni bambino abbandonato a vivere e crescere in famiglia. A chi imputare le responsabilità? E? doloroso ammetterlo, ma tra i primi responsabili c?è la stessa CAI, la Commissione per le adozioni internazionali, che invece di promuovere e stimolare le adozioni ostacola il lavoro degli enti con un eccesso di burocrazia. Anche quando il paese straniero ha già concesso l?autorizzazione all?ente italiano di operare nel suo Paese: potremmo adottare subito e invece occorre attendere due anni prima che la CAI conceda la sua autorizzazione?.
Il caso di Amici dei Bambini, che per la prima volta in venti anni di attività in oltre 20 paesi, si trova costretta ad annunciare una tale decisione, è emblematico di un sistema arrivato ormai a una situazione disperata.
I dati dell?associazione parlano chiaro, e proseguire vorrebbe dire illudere tante coppie: dal gennaio al 30 aprile 2006 si sono avvicinate all?adozione 750 coppie, mentre solo 15 sono state le adozioni internazionali portate a termine. Ad oggi sono 327 coppie in lista di attesa.
Questo, spiega AiBi, perché la Commissione interpreta in maniera restrittiva un articolo del proprio regolamento ? il 9 ?, relativo all?indicazione del paese straniero in cui l?ente vuole andare a operare. Tutto questo non è previsto dalla legge sulle adozioni internazionali ma tanto basta perché gli enti si trovino di fatto costretti ogni giorno a lottare con carte, documenti e procedure per aprire nuovi paesi.
“La realtà delle adozioni internazionali”, avverte AiBi in una nota, “dopo anni di battaglie che enti autorizzati e famiglie hanno svolto per dare una famiglia ai bambini abbandonati, vivono oggi in uno stato di agonia e rischiano di morire”.
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