Mondo
La società civile davanti alla svolta. Chi ballerà con Lula
Brasile. Parla il consigliere del neo presidente e un missionario
di Paolo Manzo
Sei milioni di famiglie senza una casa, 53 milioni di esseri umani che vivono in stato di povertà con meno di due dollari al giorno. E ancora. Un fisco che prevede 44 (!) aliquote differenti, un sistema previdenziale allo sfascio, una riforma agraria mai attuata, una crescita del Pil che in pochi anni è scesa di un terzo, un salario minimo garantito di 200 miseri real (pari a 50 euro).
Numeri da Day after
Il 20% degli abitanti di San Paolo vive in favelas (nel 1970 era l?1%…), il 28% a Rio, il 33% a Salvador e il 50% (!) a Belém. 50mila giovani uccisi ogni anno da colpi d?arma da fuoco. Ecco i numeri da Day after che si troverà di fronte il neo presidente del Brasile che, quasi sicuramente, sarà Luiz Inácio Lula da Silva. E se è vero che da queste parti tutti fischiettano Agora es Lula (il jingle elettorale più trascinante dell?intera campagna 2002), resta da capire chi ballerà con Lula. Le domande da porsi sono due. Chi con don Inácio migliorerà le proprie condizioni di vita? Quanti dei 53 milioni di miserabili brasiliani riuscirà a riscattarsi da una vita infame? «Saranno tanti», assicura Carlos Tibúrcio, giornalista ascoltato nel Brasile che conta (e cioè San Paolo), scrittore e coordinatore di una ong, l?Instituto Lidas, che da sempre si dedica alla difesa dei diritti umani. Già, perché il dotor Tibúrcio i diritti umani li ha visti violati sulla propria pelle, essendosi fatto tre anni di carcere dal 1973 al 1975 ed essendo stato torturato dai militari della giunta perché «testa pensante e difficilmente controllabile». Membro di Attac Brasile, Tibúrcio ha fondato l?Osservatorio globale della stampa brasiliana ed è il consigliere della comunicazione di Lula. È stato lui a fargli sostituire le giubbe sport e mettergli addosso giacca e cravatta e, su don Inácio, Tibúrcio non ha dubbi: «Lula ha un impegno di fondo sulle attività sociali. Ce l?ha coi milioni di brasiliani che soffrono la fame, coi pensionati che vivono in condizioni subumane, coi portatori di handicap, con la popolazione nera e gli indios. Con la stragrande maggioranza della popolazione che non ha avuto nessun miglioramento negli standard di vita nelle ultime decadi di politiche neoliberiste». A Lula però, precisa Tibúrcio, non bisogna metter troppa fretta perché «dovrà affrontare tante difficoltà e non potrà fare in otto giorni quello che non è stato fatto in otto anni. Ma lui ce la farà, perché da anni lavora a progetti sociali di case popolari, per la lotta alla fame, la sicurezza pubblica, la scienza, la tecnologia, la cultura».
Progetto Fome Zero
Quali le priorità sociali di Lula presidente? «Il progetto Fome zero, che prevede che alla fine dei suoi quattro anni di mandato nessun essere umano in Brasile vada a dormire la sera senza aver mangiato tre volte. È questa la priorità assoluta: assicurare a tutti un degno accesso al cibo». Lula ha promesso a tutti che chiamerà nel suo governo la società civile e la Chiesa, come mai accaduto nella storia passata del Brasile, e lo farà «per dibattere e contribuire alla soluzione dei secolari problemi del Paese». L?invito alla Chiesa è importante affinché Lula possa implementare le sue politiche sociali in Brasile, tenuto conto che oltre 120 milioni di brasiliani sono cattolici.
Comboniani d?assalto
Tra i tanti missionari cattolici, i comboniani sono tra i più impegnati, soprattutto nell?assistenza ai minori a rischio o, come dice don Giuseppe Munari (che dei comboniani è il coordinatore in Brasile), degli infratores. Che tradotto fa delinquenti, potenziali e non. «Le prigioni in cui sono messi i ragazzi meriterebbero una visita», denuncia don Munari, fiducioso però che con Lula cambi qualcosa. «Sono contento che abbia vinto lui. Il grosso problema è sociale e qui registriamo l?ennesimo fallimento delle ricette neoliberali applicate al Terzo mondo. È questo che le elezioni hanno messo in discussione e credo che Lula rappresenti il sogno e la possibilità di far qualcosa per invertire gli indicatori sociali di un Brasile dove regna una violenza spaventosa». Padre Munari parla a ragion veduta, avendo vissuto a Rio per 15 anni nella Baixada Fluminense, una delle zone più violente al mondo. «Oggi risiedo a San Paolo, vicino al quartiere del Murumbì. In poche centinaia di metri c?è un quartiere ricco e la favela più grande di San Paolo, quella di Paraisopolis. I ricchi sono costretti a vivere assediati in condomini chiusi, controllati da guardie armate private». Un sistema impossibile da mantenere e, di questo, negli ultimi anni si sono resi conto tutti e per questo Lula è stato votato anche dal tradizionale elettorato di destra.
Speranze per il futuro
Ma la Chiesa, in Brasile, è contenta di Lula? Padre Munari distingue tra «la gerarchia e la base. La grande forza in Brasile è il movimento popolare in cui la Chiesa è coinvolta. E questa base appoggia in pieno Lula; la gerarchia, invece, non si compromette». Tanto che, lo scorso settembre, si è avuta un?adesione plebiscitaria al referendum promosso dalla Caritas brasiliana contro l?adesione all?Alca, il Trattato che impone una liberalizzazione del mercato made in Usa.
Quindi una Chiesa cattolica che, de facto, mantiene un impegno forte nel sociale, anche se per padre Munari l?uscita dal tunnel della miseria ci sarà solo «quando qui s?inizierà ad applicare la legge. E su questo punta Lula: combattere la corruzione e fare piani sociali. Bisogna cominciare a sostenere un?economia di produzione di ricchezza e le possibilità ci sono, perché il Brasile è un grande Paese. E credo che Lula sia la persona giusta», chiosa Munari.
Insomma un presidente, questo Luiz Inácio Lula da Silva, che affronterà in modo diverso i problemi. E una speranza per 53 milioni di disperati che stanno morendo di fame.
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