Politica

Chi sale e chi scende nel nuovo welfare spacchettato

Salvo colpi di scena, Rosy Bindi erediterà le competenze più “pesanti”di Maroni, mentre su politiche familiari e disagio prenderà il testimone Paolo Ferrero (Prc). E la Turco?...

di Ettore Colombo

Lo ?spacchettamento? del ministero di quello che fino a oggi (martedì 2 maggio, ultimo giorno del leghista Roberto Maroni sulla poltrona da ministro di via Veneto) si chiama ministero del Welfare è dato per certo, nei corridoi che contano del centrosinistra. Vuol dire tornare allo statu quo ante: Lavoro da una parte, Affari sociali dall?altra. Per entrambe le cadreghe, la lista dei concorrenti si va assottigliando, nonostante il giro di valzer delle poltrone rischi di riservare ancora sorprese: la convocazione delle Camere in seduta comune per eleggere il nuovo presidente della Repubblica è stata infatti anticipata all?8 maggio. Presiede Fausto Bertinotti, da poco fresco di nomina, mentre la seconda carica dello Stato, il neo presidente del Senato, Franco Marini, una carriera in Cisl come Bertinotti in Cgil, dovrà per l?occasione accontentarsi di un ruolo da supplente, anche se sarà un ruolo di livello, visto che proprio il ?metodo Marini? (l?attuale maggioranza parte dai suoi voti, poi chi ci sta ci sta) dovrebbe essere seguito per il Colle. Certo è che molte cose potrebbero cambiare, a seconda se al Quirinale verrà riconfermato Ciampi (ipotesi ormai remota, nonostante la Cdl invochi a gran voce il ?metodo Ciampi?) o meglio salirà al Colle una figura ?di garanzia? (per la Cdl) come Giuliano Amato o come quella (per la sola maggioranza) di Massimo D?Alema, che acquista sempre più forza. Anche per la formazione del governo, s?intende. In ogni caso, le caselle dello spacchettamento dovrebbero restare quelle fissate in questo inizio settimana: Rosy Bindi al Lavoro (con un viceministro forte espresso dai Ds e in questo caso vi è un candidato unico, il responsabile Lavoro ed ex sindacalista della Fiom, oltre che riformista doc, Cesare Damiano, uno che da anni fa coppia fissa con Treu in tutte le iniziative dell?Ulivo sul tema) e Paolo Ferrero, responsabile Lavoro del Prc, agli Affari sociali. Anche nelle stanze del ministero non dispiacerebbe, alla fine, la politica dello spacchettamento: «Gli affari sociali sono stati molto penalizzati, in questi anni, e se è vero che separare il ministero vuol dire indebolire la figura del ministro del Lavoro, le politiche su droghe e famiglia potrebbero trovarvi nuova linfa». Anche con un ?rifondarolo?? Sì, perché Ferrero – che pure ha dovuto subire l?ostracismo di Confindustria (e della Cisl) una volta tramontata l?ipotesi a lungo accarezzata del ritorno dell?ex ministro Tiziano Treu (che probabilmente finirà per guidare la commissione Lavoro del Senato), non gradito alla guida del Lavoro (o di un superministero) a causa delle posizioni abrogazioniste sue e del suo partito sulla legge 30 – ha posizioni aperte e tolleranti in fatto di temi sociali, dei quali si è occupato a lungo negli anni scorsi. D?altra parte, sembra sia lo stesso Prodi a non volere un esponente di estrazione ?sindacale? (né tantomeno confindustriale, ecco perché la voce che riguardava Innocenzo Cipolletta era infondata) a capo di un dicastero delicato come il Lavoro. Come pure è sempre Prodi a non volere i révenants, o meglio le stesse facce sulle stesse poltrone (ma dovrà fare un?eccezione per Pecoraro Scanio, che tornerà alle Politiche agricole, visto che il diessino Fabio Mussi presidia con tigna l?Ambiente e Di Pietro non vuole mollare le Infrastrutture). Fattore che impedisce un ritorno della Turco, che pure sembrava gradirlo molto, agli Affari sociali. L?ex ministra peraltro salirà di grado: andrà alla Salute.


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