Volontariato

Splendore freddo

Jean Cocteau, che di visioni se ne intendeva parecchio, diceva che l’artista è colui che mette i piedi nel piatto. Nel senso che è imprevedibile e non rispetta le regole.

di Maurizio Regosa

Jean Cocteau, che di visioni se ne intendeva parecchio, diceva che l?artista è colui che mette i piedi nel piatto. Nel senso che è imprevedibile e non rispetta le regole. Marco Bellocchio, che sta svelando sempre più la sua vena visionaria, è artista proprio alla maniera di Cocteau: nel suo Il regista di matrimoni si prende una libertà piena e assoluta. Fa sì che il personaggio del titolo (Sergio Castellitto) divenga attore del filmino matrimoniale, entri nel campo della finzione agìta, quasi sempre inviolabile per chi lo crea. Intreccia i piani, creando un primo livello narrativo del resto molto ma molto archetipico sul quale si attorcigliano altri riferimenti, metariflessivi per lo più (lo aveva già fatto più di vent?anni fa con l?Enrico IV, con risultati migliori). Si diverte a spiazzare lo spettatore seguendo un andamento che procede privilegiando la forma (il montaggio è dominato dall?ansia dell?analogia visiva oppure dal fortissimo contrasto) e cura un po? meno i raccordi logico-narrativi, saltando qua e là perché anche il pubblico possa finalmente provare l?esperienza dell?intelligenza. Il risultato, direi, ha lo splendore freddo dell?analisi, che se non coinvolge, pure lascia ammirati (in specie i critici). La sapienza nella creazione di immagini forti, dissonanti, asimmetriche, mai banali è tale da suscitare la nostalgia per una storia più vigorosa e forte, per una narrazione più libera dal pensiero ?debole? che sa e non vuole dire tutto, che pensa per frammenti e dice in modo ritroso, quasi timido sino al finale che più aperto di così non si può. È bravo bravissimo, Bellocchio, a infondere alle sue inquadrature una carica ipnotica, a far sì che paiano quasi la parte superficiale di un magma che ribolle e che è misterioso. Si intuisce solo in parte, ad esempio, perché Castellitto debba girare un film tratto da I promessi sposi. Esempio di produzione non attuale? Giudizio critico nei confronti della produzione italiana (accompagnato del resto da altre, più esplicite affermazioni)? Comodo riferimento per codificare alcune situazioni che ricalcano quelle del romanzo manzoniano e lasciar intendere altre e più forti riserve nei confronti dei personaggi del film? Personaggi nei confronti dei quali traspare un rapporto di odio e amore da parte di Bellocchio: comprende le ragioni del suo alter ego eppure non lo soccorre. Allo stesso modo conosce la pervasività delle immagini, così forti da prevaricare sulla cerimonia più importante della vita e le enfatizza giocando con il bianco e nero e potenziando così la sua visionarietà post moderna.


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