Famiglia

Darfur: Onu pronta a partire, Pam dimezza i fondi

Mancanza di fondi e insicurezza all'origine dello sfogo delle Nazioni Unite. E occhio a Al Qaeda...

di Joshua Massarenti

Il Darfur rischia una nuova catastrofe umanitaria a causa delle promesse mancate della comunita’ internazionale e dell’instabilita’ in cui versa la sicurezza nella regione sudanese. Il Programma alimentare mondiale ha dimezzato le razioni di cibo destinate agli abitanti della regione sudanese perche’ dei 745 milioni di dollari che i donatori avevano promessi, all’agenzia dell’Onu ne sono arrivati solo 238 milioni. “Abbiamo preso una decisione difficile, anche perche’ riferita a persone vittime di una violenza estrema, donne che sono state violentate e famiglie che hanno perso tutto”, ha detto la portavoce del Pam, Christiane Berthiaume. A partire dalla prossima settimana i destinatari degli aiuti riceveranno razioni giornaliere di cibo equivalenti a poco piu’ di mille calorie, ben al di sotto delle 2.100 calorie considerate indispensabili secondo gli standard internazionali, e “assolutamente insufficienti per persone che vivono in condizioni di estrema precarieta’”. Sul territorio, mentre ad Abuja il governo sudanese e i ribelli cercano con fatica un accordo di pace guidati dai mediatori dell’Unione Africana, la situazione si aggrava. Le Nazioni Unite hanno invitato le formazioni ribelli dell’Esercito di liberazione sudanese a mettere fine alle scorrerie che nel nord della regione hanno messo a rischio il lavoro degli operatori umanitari e delle organizzazioni non governative. Se gli attacchi continueranno, l’ONU sara’ “costretta a sospendere l’aiuto umanitario, in particolare in quelle aree in cui e’ incerta la sicurezza degli operatori di pace”. In questo scenario, segnato dall’approssimarsi dell’ultimatum imposto dalla Nazioni Unite che obbliga le parti a trovare un accordo entro il prossimo 30 aprile, acquista rilevanza un eventuale impegno della Nato. A sollecitarlo e’ stata, ancora una volta, la Casa Bianca, che di recente ha provveduto a sequestrare i beni che i responsabili delle stragi hanno negli Stati Uniti. Nel vertice di Sofia e’ emersa la necessita’ di un intervento limitato si’ al trasporto di soldati dell’Unione Africana o di caschi blu dell’Onu ma comunque urgente: “Dobbiamo ammettere”, ha detto ieri Condoleezza Rice, segretario di Stato americano, “che la missione dell’Unione Africana non e’ adeguata al livello di violenza nel Darfur e, particolarmente, a quanto accade nel Darfur occidentale”. Ma ciò di cui pochi hanno prestato attenzione è l’ultima appello video lanciato da Bin Laden ai combattenti islamici. Nei brevi estratti del messaggio trasmessi da al Jazeera il 23 aprile scorso, il leade terrorista aveva esortato “i mujaheddin e i loro sostenitori in Sudan … e nella penisola (araba) di preparare tutto il necessario per una guerra a lungo termine contro i crociati nel Sudan occidentale”. Una dichiarazione che lascia presagire la volontà della rete terroristica islamica di spostare il fronte della sua battaglia in Africa dove la guerra all’Occidente troverebbe terreno fertile in un’area geopolitica nota per la sua instabilità politica, la porosità delle frontiere e la facilità con cui si reclutano ribelli e eserciti ultracorrotti. La scelta del Sudan non è casuale. Alla fine degli anni ’90, il regime dell’ttuale presidente Omar el Beshir aveva accolto a Khartoum Bin Laden poi espulso su pressione di Washington. In Darfur, vi è poi uno scontro in corso che oppone musulmani “arabi” e “africani” in cui la Comunità internazionale interviene da ormai tre anni con interventi umanitari e azioni diplomatiche per porre fine a una guerra iniziata nel febbraio 2003. Peggio, dopo la pace siglata tra i ribelli cristiano-animisti del Sud Sudan e il regime militaro-islamista di Khartoum (dixit del Nord), la Comunità internazionale ha aggiunto un tassello in più alla sua presenza in terre sudanesi. Tutte iniziative che di certo non viste di buon occhio da Bin Laden, pronto a regolare i conti con i “crociati” su altri fronti bellici.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA