Formazione
Il Pannella alla francese
Il deputato Lassalle sciopera contro la delocalizzaione. 39 giorni senza cibo né acqua per sensibilizzare il mondo della politica sul caso Toyal.
E’stata un?intervista faticosa quella del deputato francese Jean Lassalle, ma ci teneva a far capire ai lettori di Vita il senso di una lotta condotta allo stremo delle forze contro «i processi di delocalizzazione che mandano in rovina territori e famiglie senza giusta causa». 39 giorni. Tanto è durato lo sciopero della fame iniziato il 7 marzo da questo convinto sostenitore del capitalismo umano per dire no alla decisione presa da Toyal, una società giapponese specializzata nel settore dell?alluminio, di acquistare i terreni del colosso petrolifero francese Total e trasferire la sua fabbrica incastrata nella piccola valle di Aspe (Pirenei, Sud-Ovest francese) sul sito di Lacq. Una delocalizzazione su scala millimetrica che sarebbe costata il posto di lavoro a 150 operai e la vita di una vallata. Ma quello che doveva rimanere un?operazione invisibile si è trasformata in un gigantesco scandalo nazionale che ha sconvolto l?opinione pubblica. Nel mobilitare media e politici, Lassalle ha ottenuto ciò che voleva: l?annullamento dell?accordo e la speranza che la vicenda di Toyal possa far riflettere sugli effetti della delocalizzazione.
Vita: è la vittoria di Davide contro Golia?
Jean Lassalle: Sì, ed è triste che sia così. In tempi normali non si sarebbe dovuto ricorrere a un?azione simile.
Vita: Che cosa intende dire?
Lassalle: Il mio non è stato un gesto spontaneo ma il frutto di una lunghissima riflessione risalente ad almeno un anno e mezzo fa. Prima d?intraprendere questo sciopero ho passato anni a scrivere a tutti i possibili protagonisti di questa vicenda: dalle autorità locali ai deputati, dai senatori ai cittadini e, ovviamente, ai responsabili di Total e Toyal. Ma a un certo punto, mi sono accorto che la politica era diventata impotente. Da qui la decisione di compiere un digiuno forzato alla Camera. è stata una scelta difficile di cui non vado fiero perché trovo vergognoso che un politico debba ridursi così per garantire i diritti dei cittadini. Mi creda, questa è un vicenda che va ben al di là del caso Lassalle o della valle di Aspe.
Vita: Chi sono i responsabili?
Lassalle: Ormai siamo piegati alle logiche di potere di una minoranza di multinazionali. Io lo chiamo il diktat del Mibtel. Far profitti a qualsiasi costo, poco importa il prezzo umano da pagare, per accontentare dirigenti e azionisti accecati dal denaro. E non lo dice un no global, ma un deputato liberale.
Vita: Lei ha parlato di delocalizzazione dannosa e inutile?
Lassalle: Total doveva rivendere parti del sito petrolifero di Lacq, ormai poco produttivo. Tra i possibili acquirenti avevano pensato a Toyal, presente nella valle di Aspe dagli anni 80 e i cui rappresentanti mi avevano assicurato che non avrebbero abbandonato il posto. Nel 2000 questi signori mi hanno sottoposto l?accordo con Total per trasferire un?unità di produzione a Lacq. Questa unità avrebbe riprodotto lo stesso lavoro effettuato ad Aspe. Ho quindi capito che Toyal voleva delocalizzare la fabbrica lasciando a casa senza motivo oltre 150 lavoratori.
Vita: Quali le conseguenze?
Lassalle: Nella valle d?Aspe vivono circa 2.700 abitanti. Quindi 150 operai diventano determinanti per la sua sopravvivenza. Il trasferimento di Toyal avrebbe segnato la morte definitiva della nostra realtà.
Vita: Ha ricevuto sostegno?
Lassalle: Da tutti. Cittadini, politici e imprenditori. Un giorno ho ricevuto oltre 17mila email. Questo significa che Aspe non è un fenomeno isolato, ma chiama in causa molte aree rurali francesi colpite da una delocalizzazione più graduale e subdola rispetto al passato.
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