Migranti

Decreto Cutro, il boomerang di un provvedimento che porterà al collasso i tribunali

Chris Richmond Nzi, fondatore della startup Mygrants che dà un supporto ai migranti in Italia anche tramite l’inserimento lavorativo, ci spiega perché i provvedimenti adottati negli ultimi mesi dal governo creeranno ripercussioni a catena difficili da gestire

di Luigi Alfonso

Decreto Cutro, che guazzabuglio. Ancora non sono disponibili dati ufficiali sulle ripercussioni che avrà il provvedimento approvato lo scorso marzo e vigente dall’11 dello stesso mese. Tuttavia, si cominciano a percepire gli effetti a catena. Ce li spiega Chris Richmond Nzi, fondatore della startup Mygrants, che da sei anni si occupa di dare un supporto ai migranti anche tramite l’inserimento lavorativo.

«Statistiche su cui ragionare al momento non ce ne sono, però il decreto Cutro e la circolare Piantedosi inviata a tutte le prefetture e alle questure stanno iniziando a generare diversi problemi, in particolare alle persone già titolari di un permesso di soggiorno per motivi speciali, sia sotto il profilo del rinnovo del permesso, sia per quanto riguarda la conversione in altro permesso di soggiorno, ad esempio per motivi di lavoro», spiega Richmond. «Anche coloro che lavorano con un regolare contratto dovranno fare i conti con queste disposizioni di legge, quanto meno nel momento in cui non sarà loro più concesso il rinnovo. Decine di migliaia di persone rischieranno di trovarsi in un limbo di illegalità, in poche parole. E chi è già inserito in un’attività lavorativa, potrebbe perdere il posto di lavoro».

Chris Richmond Nzi

L’Italia è stata sempre vista da molti come una terra di passaggio verso altri Paesi occidentali. Questo decreto potrebbe convincere numerosi migranti di trovare nuove strade d’accesso in Europa? «La geografia non si può cambiare», è il commento del fondatore di Mygrants. «La maggior parte di queste persone non sa ancora nulla di questa vicenda, perché i Caf e gli uffici preposti non hanno metabolizzato e digerito i testi del decreto Cutro e della circolare Piantedosi. Nostro compito è quello di informarle. Stiamo iniziando a comunicare l’entrata in vigore del decreto e gli effetti della circolare, per fare in modo che le persone siano consapevoli e sappiano che cosa fare. Ci saranno molti ricorsi ma è pur vero che gli interessati dovranno affidarsi a un avvocato. Attendiamo di vedere, alla scadenza dei primi permessi di soggiorno, come affronteranno il problema le prefetture e le questure, cioè se applicheranno il provvedimento alla lettera. La speranza è che i tribunali mostrino una certa sensibilità nei confronti di questo tema; di sicuro ci sarà un aggravio di lavoro per i giudici. Non esiste giurisprudenza in merito, nessuno può ancora dire quale sarà l’impatto su queste persone».

Chris Richmond non è personalmente interessato da questo tipo di problema perché dispone di un passaporto svizzero. In Italia dal 2012, si sente cittadino del mondo. Parla benissimo l’italiano e mostra una grande competenza in materia. Per questo motivo, lui e la sua società sono diventati uno dei più importanti punti di riferimento per migliaia di migranti e profughi. «Dobbiamo comunicare il più possibile questo cambio di rotta», spiega. «E dobbiamo aiutarli a trovare professionisti titolati per guidarli e capire come muoversi, soprattutto quando le prefetture inizieranno a fare i primi rigetti e queste persone dovranno presentare il ricorso. Un’altra opzione è quella di richiedere il foglio di via».

Richmond ritiene che si sia creato un paradosso. «Dal momento in cui il Governo ha varato il decreto Flussi, incrementando le quote (portandole a 450mila unità in tre anni) per venire incontro alle crescenti richieste del fabbisogno occupazionale, è sin troppo evidente la stortura: si aprono le porte a Paesi terzi ma non si fa un buon uso delle persone che sono già presenti nel territorio italiano. Stanno rendendo molto più difficile, se non impossibile, alle persone che stanno in Italia di partecipare attivamente al mercato del lavoro; contemporaneamente, si consente ad altre persone di arrivare per trovare occupazione. Non so francamente se il Governo sarà in grado di apporre un correttivo. Sono curioso di vedere che cosa accadrà quando arriveranno valanghe di ricorsi ai tribunali, con una saturazione di pratiche. Non credo che questa scelta sia propedeutica per una corretta gestione, a medio e lungo termine, delle persone che sono già presenti in Italia o che comunque stanno già arrivando. Ricordo che gli sbarchi continuano, siamo ai livelli del 2016. Abbiamo raggiunto il picco di arrivi, con una media di mille persone al giorno nel mese di luglio, che ancora non è terminato. Insomma, una scelta non lungimirante, fatta da persone che non hanno la consapevolezza di come funziona la gestione dei flussi migratori».

La geografia, si diceva, non si può cambiare. «L’Italia era e resta un punto d’entrata, soprattutto per le persone che provengono dall’Africa. A meno che non cambino le rotte, questo Paese continuerà a essere l’ingresso dell’imbuto verso l’Unione europea. Da tempo, di sicuro, molti migranti hanno preferito proseguire il loro percorso verso altri Paesi che hanno sistemi d’asilo un po’ più obiettivi e regole più “etiche”. Il problema per l’Italia sarà la gestione di tutte quelle persone che attualmente vivono nei centri di prima e seconda accoglienza o che sono appena fuoriusciti e che, per mille ragioni, dovranno richiedere un permesso di soggiorno. Non solo: chi è andato in Francia o in Germania, ma ha presentato la richiesta in Italia, alla scadenza del permesso dovrà tornare qui per richiedere il rinnovo. Un boomerang, soprattutto per quanto concerne i permessi speciali. D’altra parte, chi sta arrivando ora non ha più la possibilità di ricevere lo status per motivi speciali, dunque rischia di ricevere un diniego se non sono previste altre tipologie di protezione. Insomma, ci sarà una situazione di stallo che porterà decine di migliaia di persone a non potersi ritrovare in una condizione di legalità. E guardate che avranno problemi seri anche le imprese che stanno chiedendo di fare un migliore uso delle competenze dei migranti, perché ce n’è davvero bisogno».


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