Welfare

Soffiantini: solo il perdono guarisce

A otto mesi dalla concessione dell’indulto, sarebbe ora di tornare a ragionare su quello che non funziona nell’uscita dal carcere ...

di Redazione

A otto mesi dalla concessione dell?indulto, sarebbe ora di tornare a ragionare su quello che non funziona nell?uscita dal carcere. Pare impossibile, ma il momento in cui spesso si viene abbandonati a se stessi è invece proprio il più delicato, descritto con grande lucidità nella testimonianza di Stefano Bentivogli, uno che la galera la conosce bene, per come accompagna inesorabilmente la sua condizione di tossicodipendente: «È un giorno che si attende dal momento in cui si entra quello della futura uscita, un momento che rappresenta la verifica di una montagna di idee, progetti, fantasie, illusioni che improvvisamente arrivano al dunque. La realtà è che fuori il mondo va avanti e va veloce, mentre dentro il mondo sembra fermo, statico, e simile rischia di diventare l?esistenza di chi si trova chiuso in gabbia con la sola televisione a ricordargli che fuori c?è un?altra vita. In questo quadro il giorno dell?uscita, festeggiato sempre come il ritorno alla vita, diventa presto uno scontro frontale con se stessi e con gli altri. Anche il proprio fisico fatica a riprendere ritmi, dinamiche, ma anche rumori, distanze, odori. Gli affetti, la sessualità, le amicizie sembrano sparite, mentre in realtà nella nostra testa sono rimaste ibernate o alimentate solo da qualche lettera o cartolina. Per moltissimi, poi, non c?è un lavoro e neanche una casa».

QUI BRESCIA Il 17 giugno 1997 fu sequestrato nella sua casa l?industriale Giuseppe Soffiantini. Lo liberarono, dopo un lungo calvario, l?8 febbraio 1998. Ma proprio per questa sua storia la lezione che ha tenuto di recente nella facoltà di Giurisprudenza dell?università di Brescia è stata particolarmente significativa, fatta per insegnare prima di tutto a sconfiggere l?odio e a coltivare la capacità di perdonare, e di dare a chi ha sbagliato la possibilità, dopo aver scontato la sua pena, di ritrovare un posto nella società. Anche perché, ha detto Soffiantini, alle vittime «il perdono permette di liberarsi dalle violenze subite».

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