Cultura

Calabria, la coop. sociale nel mirino della ‘ndrangheta

Attentato contro la Valle del Marro, aderente a Libera. La vicenda ricostruita da Mario Nasone, presidente del centro comunitario Agape di Reggio Calabria

di Redazione

Ieri notte un vile attentato è stato commesso nei confronti della Coop. Valle del Marro di Gioia Tauro che nei terreni confiscati alla mafia ha avviato una importante azienda agricola. L’azienda ha dovuto subire la devastazione,il furto di macchinari con annessi rituali e messaggi di morte (nel terreno sono state lasciate croci ed altri messaggi simbolici di morte per incutere paura e spingere all’abbandono del progetto) . E’ stata questa la risposta immediata della ndrangheta, al convegno sull’uso sociale dei beni confiscati organizzato nei giorni scorsi da Libera a Reggio Calabria.Un convegno dove ha preso la parola anche il coraggioso presidente della Coop. Giacomo Zappia che ha raccontato l’importante attività avviata per produrre sviluppo e lavoro in quella terra martoriata La reazione della criminalità organizzata ad appena tre giorni da quella iniziativa dimostra che l’iniziativa di Libera ha colpito nel segno. Ancora una volta la confisca dei beni e il loro uso sociale diventa agli occhi delle cosche la più gravi minacce ai loro interessi economici, al loro potere di sovranità nel territorio. L’attentato alla coop. Valle del Marro è anche la risposta della ndrangheta alla grande manifestazione di popolo del 21 Marzo a Polistenza. Il messaggio è chiaro: potete marciare e manifestare quanto volete ma noi continuamo a comandare e con noi dovete fare i conti. A questo atto vigliacco le forze politiche nazionale e locali, il Paese intero nelle sue massime espressioni istituzionali e religiose deve rispondere con estrema determinazione e durezza. Innanzitutto esprimendo solidarietà e sostegno concreto ai giovani della cooperativa, sia a livello morale che economico affinché non si sentano soli nella battaglia di civiltà che stanno combattendo. Nella Piana, nella Locride, nei quartieri della città di Reggio Calabria esperienze come queste di fatto rappresentano gli ultima focolai di resistenza a quella che ormai va chiamata con il suo vero nome: l’occupazione mafiosa generalizzata del territorio e delle istituzioni. Se anche questi avamposti dovessero fallire e cedere si annullerebbero le speranze di cambiamento di chi pensa oggi di percorrere la stessa strada.

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