Mondo

Si scrive cooperante si legge facilitatore

Una ricerca mette in luce le figure professionali più richieste. Mentre cala la domanda di figure tecniche tradizionali...

di Carmen Morrone

Cambia il profilo delle figure professionali richieste nel mondo della cooperazione e dalle ong. Cala la domanda di figure tecniche tradizionali (ingegneri, agronomi, ecc.), il cui ruolo tende a essere più legato a consulenze specifiche di non lunga durata, mentre aumenta il bisogno di figure gestionali e legate alla comunicazione, la cui competenza è richiesta soprattutto per la conoscenza dei meccanismi di funzionamento degli organismi internazionali complessi. La formazione post universitaria si rivela inoltre sempre più importante, e spesso diventa l?unico canale di accesso per i giovani che vogliono lavorare in questo settore.

Sono questi alcuni dati che emergono dalla ricerca condotta dal Cisp in Italia, Belgio, Polonia e Repubblica Ceca, nell?ambito del progetto Euromodel – Un modello di formazione in politica internazionale e cooperazione allo sviluppo, nel quadro dell?allargamento dell?Europa, una delle attività della Cds – Cooperation and development school.

«Oggi serve un manager a tutto tondo», esordisce Maura Viezzoli, dirigente Cisp, da dieci anni responsabile della parte della didattica del master internazionale in Cooperazione e sviluppo organizzato dall?università di Pavia che coinvolge, oltre a Cisp, le ong Coopi e Vis. Continua la Viezzoli: «Il nuovo cooperante deve essere in grado di identificare e realizzare i programmi, deve possedere competenze amministrative, conoscenza del contesto geografico e settoriale e abilità di tipo diplomatico. Sono figure che assomigliano di più a un facilitatore, esperto di tematiche di sviluppo sociale, relazione e interscambio».

Dal punto di vista degli sbocchi professionali la ricerca conferma una riduzione delle possibilità per i giovani di acquisire esperienza attraverso l?affiancamento a esperti senior. «Oggi si richiedono quasi esclusivamente figure con un?esperienza pluriennale, limitando in tal modo l?accesso ai giovani. Gli stage legati ai master costituiscono spesso l?unica possibilità». Questo nuovo profilo lavorativo richiede una formazione universitaria. Dalla ricerca Cisp emerge che circa il 54% degli operatori è in possesso di un titolo di master, mentre il 33% ha effettuato corsi di specializzazione più brevi. Solo il 13% degli operatori non ha effettuato corsi di alcun genere o ha preso parte esclusivamente a corsi organizzati dalla ong per il proprio personale. Si tratta di un dato che ha modificato negli ultimi anni il quadro della cooperazione non governativa italiana, dove sino a poco tempo fa prevaleva la formazione empirica, sul campo. Conclude Maura Viezzoli: «Oggi formiano persone che coniughino l?uso di strumenti concettuali e metodologici con una forte attitudine all?ascolto e al cambiamento».

Info: Master internazionale Cooperazione e sviluppo – www.unipv.it


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