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Se non ha reddito, il disabile non paga

Storica sentenza del Tar di Catania. Per tutte le associazioni, movimenti e persone che, da anni, si battono per garantire alle persone con disabilità...

di Redazione

La mia domanda riguarda la compartecipazione ai servizi di assistenza da parte dei disabili. Una recente sentenza del Tar di Catania ha stabilito che i Comuni devono tenere conto del solo reddito del disabile grave per stabilire la quota di compartecipazione. Ma cosa succede se il reddito del disabile è pari a zero? Vale quanto stabilito dalla sentenza o si deve fare riferimento – come per altri casi – al reddito del familiare che lo ha in carico?
Lettera firmata

Per tutte le associazioni, movimenti e persone che, da anni, si battono per garantire alle persone con disabilità l?erogazione di prestazioni socio-assistenziali e socio-sanitarie di qualità, a costi equi e accessibili per tutti, l?11 gennaio scorso è una data storica. Il Tar Sicilia – Sezione staccata di Catania ha emesso infatti la sentenza n. 42/07 in cui, per la prima volta in un?aula giudiziaria, si è sostenuto che la determinazione della compartecipazione al costo delle prestazioni sociali, erogate in favore di persone con disabilità grave, debba tener conto esclusivamente delle condizioni economiche dei soli assistiti, non già dell?intero nucleo familiare cui gli stessi appartengono.

In base a tale principio il giudice amministrativo ha ritenuto di accogliere il ricorso proposto da Anffas onlus e annullare il regolamento del distretto socio-sanitario D48 di Siracusa nella parte in cui prevedeva che la compartecipazione al costo delle prestazioni erogate dovesse commisurarsi in base all?Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) della famiglia della persona con disabilità. Anffas, per anni, si è battuta per vedere riconosciuto questo principio, che poggia su una precisa disposizione normativa: l?art. 3 c. 2 ter del dlgs n. 109/98. Tale articolo prevede che qualora l?istituzione, su cui gravi l?onere di garantire una prestazione sociale agevolata, decida di richiedere all?assistito una compartecipazione ai costi sostenuti, questa debba essere commisurata alla condizione economica del solo assistito. Purtroppo molte amministrazioni hanno disatteso tale norma, trincerandosi dietro la circostanza che non fosse mai stato emanato il dpcm che avrebbe dovuto specificare meglio quali elementi portassero a individuare le condizioni economiche di una persona con disabilità grave, in parziale deroga al modello Isee familiare.

Anffas, più volte nel corso degli anni, ha evidenziato come l?attesa di tale provvedimento amministrativo fosse da considerarsi superflua anche a seguito del passaggio delle competenze dallo Stato alle Regioni dopo la devolution del 2001. Oggi, finalmente, la diatriba può dirsi chiusa.

Anffas ha analizzato anche come deve essere calcolata la condizione economica del solo assistito, giungendo alla conclusione che si può ricorrere alla dichiarazione Isee del solo richiedente, presentando, oltre al modello base contenente l?indicazione delle prestazioni richieste, solo un allegato con l?indicazione delle condizioni economiche del richiedente. Pertanto, qualora l?Isee, così calcolato, fosse pari a euro zero, nulla sarebbe dovuto da parte della persona con disabilità.

C?è da precisare anche quale valore debbano avere l?indennità di accompagnamento e la pensione d?invalidità o inabilità. Già in via generale, per il calcolo dell?Isee familiare si considerano i soli redditi assoggettabili a Irpef. Pertanto, l?indennità di accompagnamento, per la sua natura di carattere assistenziale, non rientrerebbe in tali tipi di provvidenze economiche e non contribuirebbe a incrementare la situazione reddittuale del richiedente.

Roberto Speziale presidente nazionale Anffas onlus


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