Cultura

L’ozio è la peggiore condanna

Secondo l’uomo che Mastella ha messo alla testa del sistema penitenziario si deve favorire l’impresa privata che si affaccia su...

di Stefano Arduini

Da dicembre regna su un impero di oltre 100mila persone, fra dipendenti dell?amministrazione penitenziaria, circa 60mila, di cui 42mila agenti, e i 40.500 detenuti presenti nelle nostre carceri. Tre mesi di lavoro intenso con la bocca ben cucita. Chi conosce da vicino Ettore Ferrara spiega che il neo capo del Dap ha preso tempo per ?studiare? una materia che lui stesso definisce «eterogenea e problematica». È venuto però il momento di mettere le carte in tavola. In questo dialogo con Vita Ferrara alza il velo sul suo programma di governo.

Vita: Per la prima volta in questi mesi si è avvicinato al mondo del carcere. Che realtà ha trovato?
Ettore Ferrara: Un mondo complesso, ma ricco di risorse. Mi riferisco in primis alla professionalità degli operatori della polizia penitenziaria.

Vita: Dopo l?indulto il rapporto fra agenti e detenuti è crollato a 1 a 1 e anche gli educatori non sono più sotto organico. Eppure in molti istituti si lamentano ancora carenze di organico. Come lo spiega?
Ferrara: Questa fotografia riflette un problema ormai cronico. La stragrande maggioranza degli operatori è originaria del Sud. Gli stipendi sono bassi – 1.200/ 1.300 euro al mese – così tutti chiedono l?avvicinamento alle città di origine, lasciando scoperte le carceri del Nord.

Vita: Con pesanti ripercussioni sulla vivibilità. Come si inverte la rotta?
Ferrara: Sarebbe necessario intervenire sul piano delle risorse economiche. Per esempio la fornitura di alloggi gratuiti per gli agenti sul modello della cittadella giudiziaria che sarà realizzata a Torino.

Vita: Lei ha più volte accennato alla necessità di un nuovo umanesimo carcerario. Cosa significa?
Ferrara: L?attenzione verso l?uomo in quanto tale dovrà diventare centrale. Sia sul piano dell?etica che su quello religioso. Del resto è la stessa Costituzione a prescrivere l?obbligo di programmare un?attività trattamentale che miri alla rieducazione e al reinserimento sociale.

Vita: In questo senso portare il lavoro in carcere sarebbe decisivo, non crede?
Ferrara: Il lavoro è il perno dell?attività trattamentale. Su questo punto mi impegnerò al massimo. La prima cosa è coinvolgere l?imprenditoria privata. L?impresa che si affaccia su questo particolare mercato del lavoro deve esser favorita, o per lo meno non penalizzata. Se pensiamo di soddisfare questa esigenza solo con le forze dell?amministrazione andremo incontro a una sicura disfatta. Creando un ulteriore problema, invece di risolverlo. Mi impegnerò affinché lo Stato avverta come fondamentale tale traguardo. Contrastare l?ozio in cella è l?assicurazione più valida per innescare il recupero sociale. La politica però non ci lasci soli.

Vita: In che senso?
Ferrara: L?area della detenzione si deve ridurre. Il sovraffollamento ostacola il trattamento.

Vita: Finora non ha accennato al volontariato?
Ferrara: Di fianco agli agenti è l?altra grande risorsa. Una stampella imprescindibile per tenere in piedi la baracca.

Vita: Il punto è questo. I volontari vorrebbero anche poter partecipare alle decisioni e non solo intervenire a cose fatte?
Ferrara: La porta è aperta. In futuro ci dovrà essere massima collaborazione. Le iniziative saranno condivise da operatori e volontari fin dalla fase di progettazione.

Vita: A proposito di progetti, a quanto ammontano i fondi disponibili nella Cassa Ammende?
Ferrara: Il patrimonio ad oggi è di 127 milioni di euro. Già sottratti i 3,3 milioni messi a disposizione degli indultati.

Vita: Come pensate di impegnare queste risorse?
Ferrara: Per statuto i fondi vanno utilizzati a favore dei detenuti. Al primo punto c?è ovviamente la questione del lavoro e della formazione. Stiamo però pensando di modificare le procedure di elargizione. Fino ad ora le proposte dei progetti arrivavano dal territorio e venivano valutate dall?amministrazione centrale. Questo però comporta una mancanza di omogeneità delle iniziative che risultavano troppo slegate fra loro. L?ipotesi allo studio è di affidare al Dap la redazione di un unico progetto che poi sarà declinato a livello locale.

Vita: Seguendo il dibattito politico la chiusura degli Opg sembra sempre più vicina. Cosa ne sarà degli internati?
Ferrara: Attualmente negli ospedali psichiatrici giudiziari si trovano 1.300 persone. Il 50% di loro non presenta più i requisiti di pericolosità che giustifichino la permanenza in luoghi di detenzione, ma restano a nostro carico perché sui territori mancano strutture in grado di accoglierli. Mi auguro che il ministero della Salute e le Regioni si attrezzino il prima possibile. Anche se nell?immediato mi sembra un passaggio di difficile realizzazione.

Vita: La norma sul garante nazionale invece è in dirittura di arrivo. Cosa ne pensa?
Ferrara: Non sono contrario, ma ho delle perplessità.

Vita: Teme che una vigilanza esterna possa mettere in imbarazzo l?amministrazione penitenziaria?
Ferrara: Non è questa la ragione. Ritengo però che si possano creare sovrapposizioni e momenti di confusione. Mi auguro, perciò, che la disciplina sul garante sia estremamente rigorosa.


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