Economia

Ricchi coi debiti dei poveri/ Così volano gli avvoltoi

Sono i “vulture funds”. Comprano i debiti e i bond spazzatura per poco prezzo, e poi vanno a riscuotere con tutti i mezzi dai diretti interessati...a cura di, Christian Benna e Joshua Massarenti

di Redazione

E' una bella primavera a Miami Beach. Piena di sole e di speranza. Quest?anno la stagione degli uragani, che esplode ciclicamente ai primi di giugno con una violenza rinnovata dall?aumento globale della temperatura, promette una tregua alle coste della Florida. Un po? di saette in cielo e qualche spruzzata di pioggia tropicale: così prevedono i metereologi, piccole nubi che non fanno rimpiangere al milione di immigrati over 65 del Sunsine State la vita di un tempo nelle città del Nord. Per Greg e Wilma Smith le settimane sono forse ancora più brillanti. Ad appena due anni dall?ingresso nell?età dorata della pensione, oggi possono contare su un bel gruzzolo di dollari in più da spendere senza patemi nel loro buen retiro della Florida.

Rendimenti da favola
Cauti per indole e responsabili di spirito, la coppia, come molti altri ex lavoratori Usa, ha investito i risparmi di una vita nei fondi pensione d?azienda. Roba solida, niente follie. Lui ha investito in Eli Lilly, il colosso Usa della farmaceutica in cui è stato impiegato a Filadelfia per oltre 35 anni. E lei, funzionaria pubblica, ha scelto il fondo dello Stato della Pennsylvania (inserito nella top 5 dei superfondi americani). Con rendimenti da favola, fino al 20%, Greg e Wilma si concedono qualche spesa extra: ristrutturare la casa con chiusure ermetiche anti ciclone, nuovi ferri per il golf, acquistare una barca a rate. E anche fare del bene. I coniugi Smith, grazie alla sicurezza economica, sborsano 1.500 dollari l?anno per sostenere Global Orphane Care Initiative, l?istituto filantropico americano che si prende cura dei bimbi etiopi rimasti senza genitori, vittime di guerre, carestie e dell?indifferenza dell?Occidente.

In portafoglio, però, la coppia non ha solo la foto di Kwegi, 5 anni in tutto e spesi all?orfanotrofio di Debre Bihran, le cambiali del nautico da diporto e un bel po? di contanti in più. Tra le pieghe del paniere di titoli dei rispettivi fondi pensione c?è anche una quota, pari al 20%, che corre sul filo del rasoio e affida il patrimonio a una schiera di hedge fund, gli strumenti d?investimento alternativi, flessibili nella strategia e ad alto rischio, che fanno tremare con le loro incursioni perfino le multinazionali e i big della finanza. Greg e Wilma probabilmente non ne sono a conoscenza e forse non lo sapranno mai. Ma la corsa da vertigine del loro fondo pensione dipende anche da speculazioni finanziarie aggressive.

Quelle voci strane
Spesso nei prospettivi informativi si liquida la parte ?hedge? con le voci «equity securities», «debt securities», «other». Dipende poi molto dalla trasparenza del gestore. Realtà vuole che il numero dei fondi pensione Usa che investono in hedge è in costante crescita, con quote comprese tra il 5 e il 30%. Finanza spericolata, che allarma gli analisti di mercato per i pericoli insiti nel gioco di Borsa, ma anche in grado di ottenere ottimi ritorni.

Ma c?è di più. Perché il nuovo business del comparto si chiama ?vulture funds?, i cosiddetti ?fondi avvoltoio?, che comprano bond vicini al default che nessun altro oserebbe toccare e poi volano attorno in attesa di avventarsi sulla carcassa dell?animale ferito. Il ricercatore statunitense Edward Altman ne conta 170 in attività (anche se grandi banche come Barclays e Goldman Sachs stanno entrando nella partita), coperti perlopiù dagli schermi di sedi in paradisi fiscali e capaci di generare un mercato da 300 miliardi di dollari. Una valanga di denaro che con ogni probabilità trova le sue risorse dai fondi pensione, che insieme rappresentano il 40% delle fonti istituzionali finanziarie. Se l?economia va bene, i vulture funds rischiano di perdere le penne, ma quando va male si fregano gli artigli. Specialmente se il boccone è un?azienda di qualità, solida, con buoni fondamentali, ma che attraversa un periodo turbolento (è il caso di Gm e Ford, tunnel della Manica). Meglio ancora se sono poveri dell?Africa o dell?America Latina con l?acqua alla gola.

Il principio è semplice
Il principio è semplice: acquistare obbligazioni sul mercato secondario a basso prezzo nella speranza di ottenere un rimborso al loro valore nominale portando i debitori in tribunale. Tanto i quattrini per lo shopping di bond spazzatura arrivano puntuali come la stagione dei cicloni dell?Atlantico. E magari si possono raccogliere buone somme da fondi pensioni, in un vortice di gestioni e di inconsapevoli squali di Borsa che hanno il volto di Greg e Wilma, placidi pensionati della Florida. Ora però il vaso è colmo.

Mister Goldfinger
E Oxfam, insieme a Jubilee Debt Campaign, lancia l?allarme per fare chiarezza. Entrambe le ong hanno tirato fuori gli artigli per andare all?assalto di un predatore fuori dal comune. Si chiama Michael Francis Sheehan, ma nell?ambiente della finanza internazionale è noto a tutti come Mister Goldfinger. Sheehan alimenta infatti la sua passione per le Cadillac e donne da urlo con le disgrazie altrui. Come? Dall?altro lato della strada sulla quale si affaccia anche la Casa Bianca, dalla sede della Debt Advisory International, un hedge fund attraverso il quale Sheehan controlla una pletora di fondi avvoltoi, tra cui la Donegal International Limited.

Per capire di che pasta è fatto il nostro finanziere bisogna risalire agli anni 70, a una vicenda che parte dal cuore dell?Africa nera. Correva l?anno 1979. Per rilanciare un sistema agricolo in affanno, lo Zambia decide di acquistare macchinari moderni chiedendo alla Romania un prestito di oltre 15 milioni di dollari.

Vent?anni dopo, il regime zambiano non ha saldato i conti. A questo punto entra in scena la Donegal che, nel gennaio del 1999, decide di fare un favore al Tesoro rumeno comprando il debito zambiano per poco più di tre milioni. Nel frattempo, il regime di Lusaka cerca di allinearsi alle esigenze di Banca mondiale e Fondo monetario internazionale mettendo in ordine le finanze pubbliche in cambio della promessa di vedersi cancellare gran parte del proprio debito estero.

Siamo nel marzo 2005. Da lì a pochi mesi i leader del G8 avrebbero annunciato a Gleneagles la cancellazione di oltre 40 miliardi di dollari di debito contratti da diciotto Paesi africani, tra cui lo Zambia. Per Caroline Pearce, responsabile della campagna anti Donegal di Jubilee Debt Campaign, l?alleggerimento del debito ha avuto un effetto perverso: «Gli avvoltoi come Sheehan hanno intuito che la promessa del G8 a Gleneagles avrebbe rigenerato le finanze dei governi africani». Quindi? «Ciò significa per Donegal la possibilità concreta di poter finalmente riscuotere quella parte di debito zambiano rilevata dalla Romania».

Goldfinger incassa
Risultato: nell?aprile 2005, Mister Goldfinger decide di trascinare in tribunale il regime di Lusaka citandolo presso l?Alta corte londinese e chiedendo un risarcimento pari a 55 milioni di dollari, cioè sedici volte il debito originale. L?iniziativa ebbe il merito di mandare su tutte le furie Oxfam.

La campagna d?informazione attraverso la quale l?ong britannica è riuscita a raccogliere 30mila firme, tutte rigorosamente indirizzate sulla posta elettronica di Donegal International, sembra aver sortito gli effetti sperati. Dopo aver accertato l?impossibilità di rigettare la causa intentata dalla Donegal, poche settimane fa il giudice della Royal Courts of Justice di Londra, Andrew Smith, ha ridotto la penale del governo zambiano a 15 milioni di dollari, definendo Sheehan «un essere umano disonesto».

Quaranta fratelli
Ma il nostro avvoltoio può stare tranquillo. E non soltanto per il malloppo che gli spetta. «Purtroppo», sottolinea Adrian Lovett di Oxfam International, «assieme alla Donegal ci sono almeno una quarantina di fondi avvoltoi in guerra aperta con i Paesi più poveri del pianeta».

Uno è certamente Paul Singer. Alla guida della Elliot Associates, Singer gestisce un portafoglio di sei miliardi di dollari. A quanto pare però non basta. E così, dopo aver comprato dieci milioni di dollari di debiti facenti capo al Congo-Brazzaville, ha deciso di seguire le orme di compare Sheehan facendo causa al regime congolese con una richiesta di risarcimento record pari a 400 milioni di dollari. Singer sarà un avvoltoio, ma il suo cuore, così come il portafoglio, è d?oro. Basta fare un giro su internet. E così si scopre che il capo della Elliot Associates – ex scalatore Telecom negli anni 90 sconfitto però dai furbetti di casa nostra – ha l?anima da filantropo. Il suo raggio d?azione: l?adozione a distanza. Dopo aver adottato un orfano statunitense, Singer si è convinto che la battaglia a favore dell?infanzia andava perseguita su tutte le latitudini. Anche in Africa. Al Congo, Global Orphan Care Initiative, di cui Singer è responsabile, ha preferito l?Etiopia. Ma Singer presiede anche, senza che nessuno abbia nulla da eccepire, il Congressional Coalition Adoption Institute, un?associazione impegnata nell?adozione a distanza che riunisce 192 membri del Parlamento americano, compresi politici del calibro di Barack Obama e Hillary Clinton…

Ritorno in Florida
Fin qui, tutto liscio come l?olio. Il problema è che altri cicloni si stanno per abbattere sulle vite dei coniugi Smith. Perché incavolati neri non sono più solo gli africani, ma anche i capitalisti. E la Sec, la Consob Usa, promette un giro di vite normativo sugli hedge e le loro mille strategie per far quattrini.


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