Politica
Andreatta continua a vivere a bologna
Fulvio De Nigris, presidente degli Amici di Luca: «La sua famiglia ci era vicina. Potenziare la ricerca sul coma aiuterà a ricordarlo»...
Era il 1997 quando un gruppo di amici unisce le proprie forze e competenze per provvedere alle cure necessarie per risvegliare Luca, ragazzo bolognese di 15 anni in coma dopo un intervento chirurgico. Luca, dopo 240 giorni, muore. L?esperienza segna nel profondo ?Gli amici di Luca? che diventano un?associazione per sensibilizzare sul coma e aiutare le famiglie colpite da questo evento.
Un grande impegno coronato nel 2004 con l?inaugurazione della Casa dei Risvegli Luca De Nigris a Bologna, nell?area dell?ospedale Bellaria. Una struttura pubblica che accoglie malati e dove si studia lo stato vegetativo al Centro per la ricerca sul coma, direttore Fulvio De Nigris, papà di Luca. L?associazione ora vuole intitolare il centro di ricerca al professore e politico Beniamino Andreatta, spentosi il 25 marzo, dopo sette anni vissuti nella condizione di coma. «La morte di Beniamino Andreatta lascia un vuoto anche in quanti non l?hanno conosciuto, nelle famiglie che vivono il problema di un persona in stato vegetativo», ha scritto Fulvio De Nigris, padre di Luca, in una lettera aperta poco dopo aver appresso del decesso. «In tutti questi anni, anche se nel silenzio, il sapere che un politico era in questa condizione, immaginarne i suoi familiari alle prese con gli stessi turbamenti, dava un senso di appartenenza, un valore al dolore di quanti giorno dopo giorno convivono con questa dimensione che cambia la vita vita e spinge a trovare risorse e strategie riposte nell?intimo dell?animo umano».
«La famiglia Andreatta è a noi vicina», continua la lettera, quindi «sarebbe bello che le istituzioni si unissero per rafforzare la Casa del Risvegli e intitolarla a Beniamino Andreatta», per far sì che «il segno lasciato da Andreatta negli ultimi anni della sua vita diventi un messaggio di speranza». L?appello degli Amici di Luca sollecita anche un impegno maggiore per la ricerca scientifica «di tutto quanto possa servire per arrivare a una concreta speranza per i pazienti e le loro famiglie».
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