Cultura

Cei: cattolici discriminati?

cattolici sempre piu' spesso si trovano in una condizione di "emarginazione". La preoccupante diagnosi arriva dalla Cei, in particolare dal Comitato Scientifico e Organizzatore delle Settimane Soc

di Redazione

I cattolici sempre piu’ spesso si trovano in una condizione di “emarginazione”. Oggi, inoltre, “non si fatica a registrare una crisi della laicita’ della modernita’ perche’ incapace di offrire risposte sufficienti a questioni nodali”. La preoccupante diagnosi arriva dalla Cei, in particolare dal Comitato Scientifico e Organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani che, in occasione dei cento anni dalla prima Settimana Sociale, ha stilato un documento, appena pubblicato dal centro editoriale dehoniano, interrogandosi su quale sia “il bene comune oggi”. Scrive monsignor Arrigo Miglio, presidente della Commissione Episcopale per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia e la pace, nonche’ vescovo di Ivrea, che si tratta di una iniziativa che si augura di “stimolare una riflessione che possa coinvolgere molti ambiti della comunita’ ecclesiale e della societa’ civile del nostro paese”. Nel capitolo dedicato al ‘laicato cattolico e sfera pubblica’ si evidenzia come “nella nostra realta’ odierna e’ chiaramente percepita una progressiva uscita di scena del laicato cattolico dalla sfera pubblica, intesa in senso proprio, cioe’ come sfera distinta da quella politica”. Il motivo? “L’atmosfera culturale e sociale in cui ci si trova a rendere testimonianza concreta della propria fede – denuncia il documento – nell’ambito professionale come in quello dell’agire economico e in quello culturale, produce fenomeni non secondari di emarginazione, soprattutto quando ci si trova a dover procedere da soli”. Diventa allora “difficile, e forse anche ingiusto, spronare o incitare i cristiani laici al comportamento virtuoso (in senso cristiano) dentro le loro situazioni di vita lavorativa, quando si sa che in tal modo essi andranno incontro all’insuccesso e dunque alla frustrazione”. E allora, e’ l’invito contenuto nelle pagine del documento, “occorre costruire reti di sicurezza che consentano, a chi lo vuole, di tradurre in atto la logica del bene comune senza subire discriminazioni di sorta”. Un progetto di massima “urgenza” che spetta al ‘laicato cattolico’ per non cadere “nell’errore” che “la cura del bene comune sia compito esclusivo di quella istituzione storica che e’ lo Stato”. In proposito, nel documento si fa riferimento all’enciclica ‘Deus caritas est’ di Benedetto XVI, che ha riportato al centro dell’attenzione “il ruolo del laicato cattolico nella polis; che non va affatto ridotta al sistema dei partiti politici, pure necessari”. Tutto questo, dunque, “implica che l’impegno socio-politico va considerato parte indispensabile della vocazione cristiana”. Nel capitolo dedicato agli ‘anni di piombo’ si evidenzia come “l’apporto consistente dei cattolici italiani” sia “avvertito dagli estremisti come il nucleo forte di resistenza della societa’ alle tentazioni pseudo rivoluzionarie e antidemocratiche. Non e’ un caso – si registra – che il mondo cattolico paghi il piu’ caro prezzo contro la violenza terroristica, in termini numerici ma anche in termini di qualita’ dei propri rappresentanti caduti sotto i colpi della violenza eversiva: fra gli altri, nomi come quelli di Aldo Moro, Vittorio Bachelet, Roberto Ruffilli, Rosario Livatino, significative icone di cattolici impegnati nelle istituzioni, stanno a indicare chiaramente dove la societa’ scorgesse i baluardi contro la barbarie eversiva”. Il documento dell’organismo della Cei punta il dito contro i “processi incalzanti che si sono associati alla globalizzazione” e che “hanno velocemente dissolto la sottostante matrice culturale cristiana, lasciando lo Stato laico moderno a fronteggiare da solo le sfide nuove”. C’e’ il rischio di trovarsi “di fronte ad uno Stato che si autonega e mira alla propria autodistruzione”. Come ci si deve comportare, dunque, per arrivare al ‘bene comune oggi’? Innanzitutto, “si deve esigere, prima che il dialogo civile abbia inzio, che non e’ accettabile che i cattolici, quando difendono nell’agora’ della polis una certa posizione, vengano considerati fondamentalisti, mentre i cittadini non credenti, quando difendono, negli stessi luoghi, posizioni opposte, vengano visti come autentici promotori del progresso morale e scientifico”.

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