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Uganda: la Camera sul sequestro di Padre Albanese

La vicenda, che ormai risale alla fine di agosto, è stata oggetto di un'interrogazione in commissione Esteri. Il sottosegretario Ventucci ha illustrato i rapporti col governo di Kampala

di Benedetta Verrini

Il sequestro-lampo di padre Albanese e di altri due missionari comboniani in Uganda, avvenuto nell?agosto scorso, è stato argomento di discussione in Parlamento. Giovedì scorso (17 ottobre), infatti, il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento Cosimo Ventucci ha risposto a un?interrogazione sulla vicenda (proposta dall?onorevole Zanella, n. 5-01280). L?intervento del governo, svolto presso la commissione Esteri della Camera, è stato anche occasione per un aggiornamento sui rapprorti con il governo ugandese e sulla recente cancellazione del debito. Ecco di seguito il resoconto dell?intervento: L’arresto e il trattenimento in stato di fermo per circa 24 ore dei due religiosi italiani, avvenuto lo scorso 28 agosto, è un episodio che deve essere letto nel contesto dell’inasprimento delle operazioni militari condotte nel Nord dell’Uganda dall’esercito ugandese contro i ribelli del cosiddetto “Esercito di Resistenza del Signore” (Lord’s Resistance Army). Tale esercito, guidato da Joseph Kony, conduce la lotta armata con metodi terroristici e fa largo uso del sequestro di bambini ed adolescenti destinati ad essere utilizzati come miliziani del movimento e, anche per questo, è stato inserito dal Governo statunitense nella lista delle associazioni terroristiche mondiali. A fronte di questa delicata situazione il Governo di Kampala sta sviluppando – seppure con risultati finora limitati – operazioni di contrasto e, nel marzo scorso, le Autorità di Kampala hanno ottenuto l’autorizzazione da parte del Sudan ad inseguire i ribelli in territorio sudanese. In parallelo alla campagna militare, il Governo ugandese ha incoraggiato la mediazione di un gruppo di religiosi della regione dell’Acholi, guidato dall’Arcivescovo di Gulu Monsignor John Baptist Odama. Come ricordato nell’interrogazione, nella notte tra il 28 e il 29 agosto scorso, l’esercito ugandese disponeva lo stato di fermo nei confronti di tre missionari comboniani che stavano incontrando, nell’ambito di una complessa trattativa di pace, alcuni rappresentanti del citato gruppo guerrigliero antigovernativo, attivo nelle regioni settentrionali dell’Uganda. L’esercito regolare che ha sostenuto di non essere stato messo al corrente di tale incontro, interveniva ponendo in stato di fermo i tre missionari, che venivano condotti in un primo tempo a Kitgum (località a circa 500 chilometri a nord della capitale ugandese Kampala) e successivamente a Gulu (località a circa 150 chilometri a sud della precedente). I tre religiosi venivano trasferiti nel locale quartier generale delle forze armate ugandesi e sottoposti ad una serie di interrogatori. L’Ambasciata d’Italia a Kampala, appena informata del fatto, e in stretto coordinamento con l’Unità di Crisi del Ministero degli Affari Esteri, si attivava immediatamente presso le Autorità politiche e militari ugandesi, sia nella capitale che a Gulu. In tale contesto, tra i diversi interventi effettuati, veniva intrapreso un passo ufficiale presso il locale Ministero degli Affari Esteri, chiedendo l’immediato rilascio dei religiosi. Analogo passo veniva effettuato presso l’Ambasciata ugandese a Roma. Il rilascio – come richiesto – avveniva poche ore dopo, nella stessa serata. I missionari, che erano in buone condizioni di salute, venivano successivamente accolti in una struttura italiana presente a Gulu. Il 31 agosto, mentre Padre Pazzaglia tornava nella sua parrocchia a Kitgum e il religioso spagnolo raggiungeva l’Arcivescovado sempre nella predetta località, il Direttore della Misna, Padre Giulio Albanese, rientrava a Kampala a bordo di un piccolo velivolo noleggiato all’uopo dalla nostra Ambasciata. Quest’ultimo, rientrava definitivamente in Italia il 2 settembre. Al termine della breve detenzione dei Padri Albanese e Pazzaglia, il Ministero degli Esteri ugandese ha emesso un comunicato in cui attribuiva l’arresto dei religiosi alla mancata notifica dei loro spostamenti, misura richiesta dallo Stato Maggiore ugandese per ogni missione di pace nell’area. Nello stesso comunicato, il Ministero degli Esteri di Kampala ha comunque ribadito il proprio apprezzamento per il ruolo svolto dai missionari italiani e per le iniziative da essi intraprese per la risoluzione del conflitto nell’area del Nord Uganda. Il Governo Italiano segue con attenzione l’evoluzione della situazione nel Paese africano: a questo riguardo desidero sottolineare che la grave crisi umanitaria che colpisce il Nord Uganda è fra gli argomenti che il Sottosegretario agli Esteri Senatore Alfredo Mantica ha posto in agenda fra gli incontri che proprio oggi sta avendo a Kampala con esponenti del Governo ugandese. Il nostro Sottosegretario, oltre a sottolineare il tradizionale ruolo positivo rappresentato dalla presenza e dall’azione dei missionari italiani impegnati nel Nord dell’Uganda in azioni umanitarie a favore della popolazione della regione, ha il mandato di rinnovare agli interlocutori ugandesi l’esortazione ad avvalersi del dialogo e del negoziato nella soluzione dei problemi dell’area. Con riferimento alla nostra assistenza al Paese africano è opportuno ricordare che la cooperazione italiana allo sviluppo interviene in Uganda prevalentemente con contributi a programmi promossi da Organizzazioni Non Governative. Tali interventi, mirati a migliorare le condizioni di vita della popolazione, soprattutto dal punto di vista sanitario, sono concentrati nella zona Nord del Paese. Per quanto riguarda eventuali iniziative da intraprendere per evitare che gli aiuti umanitari siano utilizzati dalle autorità governative per altri fini, si sottolinea che da parte della comunità dei Paesi donatori viene operato un costante monitoraggio della situazione in Uganda, al fine di verificare il rispetto delle intese raggiunte con gli accordi di cancellazione del debito. Tali accordi prevedono, in linea generale, l’utilizzo delle risorse liberate dalla cancellazione del debito per il finanziamento di programmi di lotta alla povertà, nel rispetto dei diritti umani e con la rinuncia alla guerra come mezzo di risoluzione delle controversie. In particolare, per quanto riguarda l’Italia, si fa presente che l’accordo di cancellazione del debito è stato firmato il 17 marzo scorso e prevede la cancellazione di 126,75 milioni di dollari statunitensi, di cui 111,58 milioni in crediti commerciali e 15,17 milioni in crediti d’aiuto. Il progetto d’utilizzo delle risorse liberate dalla cancellazione del debito è stato presentato il 24 giugno scorso con indicazione dei settori d’utilizzo e successiva specificazione dei relativi progetti. I settori indicati sono l’istruzione di base universale, la salute primaria, le strade rurali e l’approvvigionamento idrico rurale. Nell’ambito di questo quadro di riferimento, siamo convinti che il monitoraggio del rispetto dei programmi attuativi dell’accordo possa essere un importante strumento di negoziato nei confronti delle Autorità ugandesi alle quali verranno ribadite le forti aspettative della comunità internazionale per l’attuazione di credibili strategie di lotta alla povertà e di sviluppo unitamente a convinte e concrete politiche di rispetto dei diritti umani. Info: www.camera.it


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