Cultura

Sanità: il grido d’allarme dei religiosi. Corsie in emergenza

Ospedali cattolici: 263 a rischio chiusura. Dopo secoli di storia, le strutture sanitarie cristiane, strette fra devolution e crisi di vocazioni, vivono una situazione drammatica.

di Giampaolo Cerri

“Qui rischiamo di essere cancellati”. Cancellare chi? 28mila posti letto, 22mila assistiti, 263 ospedali. Sono i numeri di una sanità a rischio, quella di ispirazione religiosa, dove si curano o si riabilitano 31mila persone. Stretta fra crisi delle vocazioni e riforma federalista dello Stato, quella che accresce le competenze delle Regioni e che sta di fatto producendo venti sistemi di Welfare differenti. A lanciare l?allarme è monsignor Angelo Bazzarri, presidente della Fondazione Don Gnocchi, gigante della riabilitazione (vedi pagina a fianco). Una delle tante opere nate dalle congregazioni ospedaliere e dalle grandi figure del cattolicesimo sociale italiano. Insieme a ospedali valdesi e israelitici fanno capo, in un raro esempio di ecumenismo, all?Aris-Associazione religiosa istituti socio-sanitari. Tre modelli sanitari Viene dalla trincea della Caritas ambrosiana, Bazzarri, e va direttamente al sodo: «In molte regioni facciamo i conti con sistemi differenti, spesso opposti, di intendere la sanità». Bazzarri ne individua almeno tre. C?è il modello emiliano-toscano, «dove il pubblico è solo statale, un non profit ancora residuale e c?è una grande attenzione a non immettere il profit nel sistema». All?estremo opposto, la Lombardia con una «liberalizzazione selvaggia», dove «in nome di sua maestà il cittadino si mettono sullo stesso piano pubblico, privato e non profit», una concorrenza spietata che, secondo Bazzarri, «si scaricherà sui bisogni dei più deboli». Fra i due estremi, una via «più equilibrata», rappresentata da Piemonte e Veneto, dove «c?è spazio per il privato di utilità pubblica». A fronte della jungla dei trattamenti, e molto prosaicamente delle risorse economiche, c?è poi una difficoltà strutturale, legata alle crisi di vocazioni. «Per anni la Chiesa locale ha puntato sul volontariato, delegando la materia alle grandi congregazioni che ora, nel quadro turbolento, sono in difficoltà», dice Bazzarri. Sì, perché dal 78, anno della riforma sanitaria, ma soprattutto nell?ultimo decennio, sul settore si è abbattuto un cataclisma: norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, contratti collettivi, regimi professionali esclusivi per i medici. «Se non si ragiona subito in termini di ammodernamento e di macrostrutture, decine e decine di cliniche e case di cura spariranno. Ma si tratta di agire subito. Non c?è più tempo». Da Cremona, padre Virginio Bebber, presidente Aris in Lombardia ed Emilia, conferma: «Siamo in grande difficoltà è vero: ma, in 400 anni di storia, noi Camilliani abbiamo visto di peggio. Ne usciremo con la cooperazione forte fra tutte le realtà religiose, ma senza perdere le nostre specificità. Fondamentale è l?alleanza con i laici, studiando le forme giuridiche appropriate». Il capitolo provinciale dei Camilliani, ad esempio, deciderà nel 2004 se istituire una fondazione che gestisca le cinque strutture sanitarie della regione. All?Aris usano accenti meno accorati ma il tono è piuttosto grave. «Lavoriamo per recuperare i maggiori oneri derivanti dai rinnovi contrattuali», spiega il segretario generale, Ferdinando Castellani, «cerchiamo di estendere i benefici per l?ammodernamento delle strutture previsti in Finanziaria anche agli enti ecclesiastici e promuoviamo iniziative legislative per ottenere l?esenzione Iva su beni e servizi». In pari grazie al credito «L?Evangelico ha chiuso in pareggio i bilanci del 2000 e del 2001, anche se magari il ritardo nelle erogazioni ci fa ricorrere al credito per qualche milione di euro». L?Evangelico è uno dei cinque ospedali che in Italia si rifanno alle Chiese valdesi. Ha 139 posti letto e 286 addetti ed eroga 3,5 milioni di prestazioni ambulatoriali. Lo dirige Luciano Giuliani: «L?aziendalizzazione? Non ci ha colto impreparati», dice, «da vent?anni presentiamo i bilanci e non abbiamo mai rimborsi a retta, i cosiddetti pie? di lista, ma solo finanziamenti sulla base dei budget». Se i figli di Pietro Valdo resistono, quelli di Camillo de Lellis e di Giovanni di Dio, che fanno i grandi numeri di questo universo sanitario e assistenziale, arrancano. Si salveranno? E come? Bazzarri ha le idee chiare: ripensare i modelli sanitari. Roba che chiama in causa la politica. «Si tratta di non perdere l?universalismo che ha sempre caratterizzato il nostro sistema sanitario», spiega, «ma cominciando dai soggetti più deboli e con un occhio alla spesa. Sanare le inefficienze, lanciare servizi alternativi all?ospedale, riservando così i ricoveri ai casi gravi. Naturalmente coinvolgere le famiglie con strumenti come i voucher». Il suo ultimo pensiero, però, è per i confratelli: «Per carità, non perdiamo altro tempo».


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