Non profit

Parkinson: una malattia in crescita

Presentata oggi a Milano la fondazione 'Parkinson Italia'

di Gabriella Meroni

Sara’ una rete lungo la quale correranno risorse economiche e informazioni. Una rete nazionale, la prima in Italia. Nata a Palermo a fine 2006, la fondazione ‘Parkinson Italia’, fa oggi da Milano il suo ingresso nel panorama scientifico e istituzionale per rappresentare le esigenze e i problemi legati a una malattia in crescita. Come riferisce in un ampio servizio l’Adnkronos, il numero delle persone colpite dal Parkinson – oggi circa 200 mila, secondo le stime, solo in Italia – e’ infatti destinato a raddoppiare nei prossimi 25 anni. Tanto che nei 15 paesi piu’ popolati del mondo, dove vivono i 2/3 degli abitanti del pianeta, il numero dei malati crescera’ da 4,6 milioni a 9,3 nel 2030. ”Ma occorre andare oltre i numeri”, spiega il presidente della fondazione, Marina Rizzo, responsabile del progetto ‘Qualita’ della vita nei disturbi del movimento’ nell’ospedale Villa Sofia di Palermo. ”Dietro la malattia ci sono realta’ complesse, persone che convivono con il Parkinson e hanno bisogno di difendere la propria dignita’ e la qualita’ della vita. Abbiamo pensato di mettere insieme malati e medici, per sostenere iniziative che spaziano dalla ricerca all’intervento nel sociale”. La fondazione si propone di colmare i vuoti ancora presenti nell’approccio complesso alla malattia: destinera’ fondi per sostenere la ricerca, promuovera’ progetti multidisciplinari per la cura della persona con Parkinson, divulghera’ studi e mettera’ a punto meccanismi formativi per dare conoscenza e professionalita’ specifiche a medici, psicologi, terapisti della riabilitazione, infermieri e assistenti sociali. ”Uno dei messaggi piu’ importanti e’ che non esiste il morbo di Parkinson, ma i Parkinson, ognuno con caratteristiche e terapie diverse”, chiarisce Alberto Albanese, direttore di Neurologia I all’istituto Besta di Milano e componente del comitato scientifico della neonata fondazione. ”Uno dei problemi italiani – prosegue Albanese – e’ che non esistono fondi che sostengano la ricerca dedicata al Parkinson. Non basta piu’ rivolgersi a Telethon nell’ambito di progetti specifici”. Il futuro dei pazienti, spiega il neurologo, impone di raccogliere e vincere una sfida: studiare terapie personalizzate, che non siano piu’ solo sintomatiche, ma destinate a rallentare o bloccare il decorso della malattia. ”Terapie – avverte Albanese – sempre piu’ costose e non somministrabili a tutti i pazienti”. Lo scenario futuro, entro otto anni, poggera’ sulla differenziazione delle cause che generano il Parkinson, dalle forme genetiche ai reperti di tipo biochimico. Con diagnosi piu’ precise e l’individuazione precoce dei fattori della malattia si puntera’ su nuove terapie mirate. ”Andremo dai farmaci protettivi antiossidanti che bloccano la morte dei neuroni, soluzione ideale per alcuni malati – spiega Albanese – ai farmaci contro l’accumulo proteico che uccide le cellule, cura adatta a un altro tipo di paziente. Poi si potra’ pensare anche alle terapie di recupero, utilizzando fattori di crescita sempre nuovi, per la ricostruzione cellulare e, in una minima parte di pazienti, anche alle staminali o alle protesi biologiche”. Un aspetto importante, in termini di efficacia, sara’ la somministrazione precoce della terapia. Ma non solo: ”I malati di Parkinson non sono organismi che ingurgitano levodopa o dopaminoagonisti, ma persone dotate di spirito e mente. La qualita’ della loro vita dipende da cosa sapranno fare di questo colpo della sorte”. A ricordarlo e’ Lucilla Bossi, presidente della confederazione delle associazioni di parkinsoniani (Parkinson Italia), che collaborera’ con la fondazione, mostrando l’esperienza quotidiana dei malati di Parkinson.


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