Non profit

Giovani dove siete?

Olivero: «Il volontariato sia la vostra cattedrale». Nel 1964 a Torino ha fondato con sua moglie il Sermig, un’opera capace di mobilitare migliaia di ragazzi in tutto il mondo...

di Ernesto Olivero

Una scuola di Torino recentemente ha fatto un?inchiesta tra gli studenti, chiedendo di mettere in ordine alcuni valori: onestà, famiglia, impegno sociale, amore, amicizia? I ragazzi hanno messo al primo posto la salute. Ed erano dei giovani, non dei novantenni ospiti di un ospizio. Vuol dire che i giovani hanno un?immagine della vita in cui la salute è la precondizione del valore, perché solo la salute consente efficienza e prestazioni.

Il volontariato, quando si accorge che la comunità vive queste situazioni, dovrebbe andarle in soccorso. Se fossi un banchiere con una certa formazione sociale e certi valori, cosa dimostrerebbe la mia presunta diversità? Il fatto che concedo prestiti a tasso inferiore o a persone con cui so di correre qualche rischio. La mia presunta eticità formale diventa così sostanziale. In ogni campo la crisi può non esserci se si presenta un programma forte di valori.

Oggi è difficile trovare un giovane che voglia fare l?imprenditore, perché per portare avanti un?azienda bisogna alzarsi alle 4 del mattino mentre i modelli che ci circondano parlano di un guadagno facile, realizzato con speculazioni finanziarie, da ?furbetti del quartiere?. I miei giovani – scusate se dico miei, se faccio riferimento all?esperienza che vivo, lo faccio senza permettermi di giudicare altre esperienze, senza pensare che qualcuno sia il primo della classe – si alzano con gioia alle 4, se occorre, perché hanno accettato di mettersi in un cammino in cui gradualmente ma decisamente si assumono delle responsabilità rispetto a sé e agli altri.

Scoprite i conti in banca

Nella società del minor danno, ho sempre preteso dai giovani il maggior guadagno. Credo che qui al Sermig si sia instaurato un rapporto privilegiato con i giovani perché non abbiamo paura di dire in faccia quello che pensiamo di loro. Molti giovani oggi non hanno il coraggio, la forza di ribellarsi al mondo in cui vivono. Bisogna aiutarli ad aprire gli occhi, ma senza atteggiarsi a maestri ed educatori. Dobbiamo aiutarli a guardare nella loro vita, ma possiamo farlo solo se siamo capaci di guardarli in faccia e se abbiamo il coraggio di lasciarci guardare in faccia. I giovani vogliono due cose: umiltà e verità. Vogliono capire se la persona che hanno di fronte è disposta a far vedere quanti soldi ha sul conto in banca. Se tu vuoi incontrare i giovani, devi andarci nudo, spogliato. Perché poi, se ti riconoscono un valore, ti chiedono la verità.

È chiaro che anche il mondo del volontariato risente di questo mutato clima culturale e quindi deve riconvertirsi. Lo dico senza voler fare la morale a nessuno. Secondo me il volontariato dovrebbe avere al proprio interno, in ogni gruppo, una scuola di aggiornamento continuo, una scuola che aiuta a crescere.

Quando lavoravo in banca dicevo che se fossi diventato presidente avrei costituito un gruppo con l?incarico di visitare le filiali per rimotivare i dipendenti. Non si può fare nulla senza passione o motivazione, e questo vale a maggior ragione per il volontariato. Con un termine preso in prestito dal linguaggio ecclesiale, direi che bisognerebbe inventare un ?catechismo del volontariato?, che duri tutta la vita.

Con aggiornamento intendo dire anche che il volontariato deve crescere e cambiare, stare al passo con i segni dei tempi. Trent?anni fa era impensabile un volontario che parlasse di islam e immigrazione, oggi è pane quotidiano per quasi tutte le organizzazioni di volontariato. Quando abbiamo cominciato a lavorare su questi temi ci siamo accorti che non capivamo niente, che era necessario andare nei Paesi d?origine degli immigrati per conoscere e capire. Aggiornamento è partire, cercare, capire che ci sono cose nuove e affrontarle. Alla paura si risponde con la speranza, l?ironia, la curiosità: solo così c?è crescita continua. Chi si aggiorna continua ad attrarre, anche se propone attività ?vecchie?. Se l?aggiornamento manca, il volontariato si trasforma in una realtà statica, priva della tensione a creare qualcosa di nuovo. I gruppi che non riescono ad aggiornarsi saranno tagliati fuori, disertati dai giovani diventeranno club per anziani.

Non voglio sminuire l?impegno volontario di tanti anziani. Occorre però affidare ai giovani delle responsabilità, farli crescere dentro le organizzazioni, magari affidando loro le realtà nuove che man mano nascono dentro le nostre organizzazioni: non si tratta di un ricambio generazionale fine a se stesso, ma è lasciare che i giovani ti facciano scoprire punti di vista che tu non hai considerato, è non sentirsi arrivati. Per fare questo, però, ci vuole una passione specifica.

La storia dei tre scalpellini

L?aggiornamento di cui parlo non può prescindere da alcuni contenuti: la mondialità, la fame, la giustizia, la pace, la responsabilità verso l?ambiente. In questo senso trovo che il pacifismo oggi dovrebbe cambiare nome. è un termine riduttivo; sembra indicare inoperosità, poco coinvolgimento della persona con la sua intelligenza, mentre chi lavora per la pace deve ragionare più di tutti gli altri. Il punto decisivo è far capire ai giovani che c?è un mondo grande intorno a noi e che fare volontariato è costruire un mondo diverso.

Racconto un aneddoto, per spiegarmi. Ci sono tre scalpellini che stanno spaccando delle pietre; un passante si ferma e chiede al primo: «Cosa stai facendo?». Questo, imprecando, dice: «Che mondo schifoso, per guadagnare due lire mi devo spaccare la schiena tutto il giorno». Il secondo risponde: «Faccio questo lavoro ma sto aspettando un posto fisso: sono qui di passaggio». Il terzo invece dice: «Sto costruendo una cattedrale». A me piace pensare che il volontario sia uno che, mentre imbocca un bambino, fa compagnia ad un anziano, insegna l?italiano ad un immigrato, a chi gli domanda cosa sta facendo risponde: «Sto costruendo un mondo nuovo». Chi è capace di far passare questa verità, continuerà sempre ad attrarre.


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