Formazione

I cortocircuiti di borat

Una commedia americana cinica e politicamente scorretta, dimostra come la tanto osannata “presa diretta” non serva per comprendere davvero un Paese...

di Maurizio Regosa

Andarsene in giro per l?America, nasone e baffoni scuri, linguaggio semi-incomprensibile, abitudini grezze per lo meno quanto la mentalità, e scoprire quel variegato mondo a stelle e strisce che siamo soliti definire Stati Uniti. E il tutto con un bluff riproposto sistematicamente nei differenti luoghi, ovvero la necessità di girare un documentario secondo la più classica delle combinazioni: luoghi veri, situazioni autentiche, una semplice macchina da presa che li documenta.

Peccato che il viaggiatore non sia affatto un kazako intento a realizzare uno «studio culturale sull?America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan», ma un comico inglese piuttosto scafato che nei panni di un reporter finge di scoprire nuovamente quanto conosce da sempre. E cioè che un grande Paese è per forza di cose complesso, articolato, contraddittorio. È pezzato, insomma. Vi puoi trovare le femministe che (giustamente) si arrabbiano di fronte a provocazioni pseudo-scientiste. I patrioti che ascoltano beati e impettiti un discorso che incita allo sterminio in Iraq (salvo poi rendersi conto che il troppo è troppo, ma non protestare comunque gran che). Come pure puoi trovare studentelli grassocci e misogini talmente insicuri da doversi aggrappare, oltre che alla bottiglia, alla teoria della superiorità maschile. E ancora: ti può capitare di finire in mezzo a un gay pride senza nemmeno rendertene conto. O innamorarti di Pamela Anderson credendola, udite udite, una brava ragazza?

Cortocircuiti del mondo quale è prodotto dalla comunicazione e raffigurato per il tramite di opinioni riflesse, si dirà. Ma la scommessa paradossale di Sacha Baron Cohen ci suggerisce anche il contrario: se stando alla sua raffigurazione è improbabile comprendere l?America, egualmente a pochissimo serve la presa diretta, ovvero l?osservazione compiuta grazie a un road movie. Gusto del paradosso e dei ribaltamenti, provocazione sulle follie premasticate alle quali ormai siamo abituati, gags sgangherate ma spesso efficaci, abolizione del politicamente corretto, sguardo falsamente innocente che puntando alle contraddizioni altrui, svela continuamente le proprie: non risparmia nessuno, Baron Cohen, né si fa mancare nulla, avendo probabilmente ricordo delle gesta sconsiderate dei fondatori della comicità moderna in tivu, i raffinatissimi Monty Python, e conoscendo più di quel che ama mostrare il cinema europeo (ad esempio quello di Buñuel). Il viaggio onirico e pazzesco che ne deriva è comunque interessante e a suo modo sintomatico?

Borat
di Larry Charles, Usa 2006
con Sacha Baron Cohen


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