Non profit

ActionAid, perché no ai dialogatori: troppo cari, meglio internet

Pausa di riflessione per ActionAid. Dopo due campagne autunnali face-to-face sviluppate con un’agenzia esterna in Lombardia ed Emilia Romagna, «è tempo di valutazioni»...

di Francesca Naboni

Pausa di riflessione per ActionAid. Dopo due campagne autunnali face-to-face sviluppate con un?agenzia esterna in Lombardia ed Emilia Romagna, «è tempo di valutazioni», frena la responsabile Fundraising, Roberta Capella. Dedicate rispettivamente al sostegno a distanza e alla formula di membership «Amico in azione», le campagne hanno raggiunto circa 500 contatti ?a buon fine?, ma «è ancora presto per festeggiare».

L?incognita? Non tanto la preoccupazione di affidarsi a operatori esterni, «superata conoscendo di persona i dialogatori», quanto «quello che in gergo si definisce attrition rate, che identifica la quota di sostenitori che abbandonano il sostegno nel corso degli anni».

«Questo canale ha infatti un tasso non indifferente di abbandoni nel tempo, probabilmente perché le persone reclutate per strada non hanno la possibilità di riflettere a lungo, mentre le adesioni tramite coupon e stampa sono frutto di una scelta più meditata», precisa la Capella.

Anche se è prematuro dare un giudizio definitivo, «la prima impressione è che sia un metodo caro rispetto ad altri strumenti». Quanto più caro? «I costi di una campagna non vengono calcolati a provvigione», diversamente da quanto avviene per esempio negli Stati Uniti dove l?associazione versa all?agenzia fra i 75 e i 100 dollari per ogni nuovo sostenitore acquisito con l?utilizzo dei dialogatori. «Molto meglio quindi affidarsi «alternativamente alla carta stampata e a internet», chiosa l?esperta di ActionAid.

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