Welfare

Alcool, l’abuso è tra donne e giovani

Il 60% della popolazione femminile consuma alcol, e di queste il 20% ne abusa. A tracciare questo quadro è l'Istituto Superiore di Sanità (Iss), che in collaborazione con il ministero della Salute ha

di Redazione

Giovanissime o quarantenni, casalinghe o pensionate: sono le donne italiane con problemi di alcolismo. Un popolo sempre più numeroso nel nostro Paese, dove il 60% della popolazione femminile consuma alcol, e di queste il 20% lo fa consumandone quantità in eccesso rispetto a quelle considerate a minor rischio dalle Linee guida per una sana alimentazione, esponendosi così al rischio di patologie alcol-correlate. A tracciare questo quadro allarmante è l’Istituto Superiore di Sanità (Iss), che in collaborazione con il ministero della Salute, ha inaugurato oggi la quinta edizione della Giornata per la prevenzione dell’alcol. Sempre più spesso le donne italiane hanno dunque problemi con l’alcol, soprattutto in due periodi della vita particolarmente a rischio: da giovanissime, quando bere le aiuta a sentirsi più sicure ed accettate dal gruppo e, più tardi, a cavallo dei 40 anni, per far fronte al bilancio di una vita spesso deludente. E che l’alcolismo sia un problema sempre più femminile lo dimostra anche il fatto che la percentuale di uomini che eccede le quantità, considerate a minor rischio dalle Linee guida per una sana alimentazione, è del 10%, esattamente la metà di quella delle donne, che danno il maggior contributo al numero dei consumatori a rischio. Dai dati presentati dall’Iss, emerge inoltre che la distribuzione in Italia dei consumatori di alcol a maggior rischio aumenta con l’età per entrambi i sessi, con valori massimi intorno ai 65-74 anni, seguita dalla classe dei 45-64 anni. Il picco di maggior frequenza di uso problematico si colloca invece attualmente tra i 35 e i 44 anni, in un momento particolarmente delicato per le donne, che devono affrontare i timori per la perdita della giovinezza, di riduzione della fertilità e della capacità procreativa, di bilanci di vita affettiva e familiare, sentendosi spesso ‘divise’ tra la necessità di affermarsi nel mondo del lavoro e quella di soddisfare i ruoli tradizionali di moglie e madre. Situazioni che, se non opportunamente canalizzate, possono predisporre all’alcoldipendenza. Non a caso, dice l’Iss, i livelli più elevati di dipendenza da alcol si riscontrano, tra le casalinghe e le pensionate. Tutti elementi da non sottovalutare, conclude l’Iss, soprattutto se si considera che sono proprio le donne a pagare, in termini di salute, un prezzo più alto degli uomini, avendo un organismo pià vulnerabile. La loro struttura corporea è diversa, in quanto rispetto agli uomini ha una ridotta capacità di metabolizzare l’etanolo, che viene ossidato dall’enzima chiamato alcol-deidrogenasi (Adh). Non riuscendo quindi a metabolizzare bene questa molecola, le donne riescono a eliminare solo la metà dell’alcol che riesce a smaltire un uomo. IL NORD ITALIA BEVE TROPPO Ubriacarsi è un’abitudine del Nord Italia. A fronte di una media nazionale del 7,7% di italiani che nel 2005 hanno ecceduto più di 12 volte nel consumare bevande alcoliche (fenomeno chiamato ‘binge drinking’), le regioni nord-occidentali registrano ben l’11,3%, secondo la rilevazione dell’Istat presentata oggi a Roma, presso l’Istituto Superiore di Sanità, in occasione della Giornata per la prevenzione dell’acolismo. Molto al di sotto della media dei 12 eccessi l’anno è il Sud (4,8%). Di solito le ubriacature degli italiani avvengono, in oltre la metà dei casi, da 1 a 3 volte l’anno (qui spiccano invece il meridione con il 56,6% e le isole con il 50,4%). Lo scorso anno ad ubriacarsi una sola volta è stato l’8,4% della popolazione; nel 2003 era stato il 7,1%. Significativa anche l’abitudine a bere alcolici fuori pasto. Lo fa il 7% degli italiani almeno una volta la settimana; l’abitudine è più frequente negli uomini (11,6%), che nelle donne (2%), ma in particolare nei giovani: tra i 18-19 anni, il 13,2% nei maschi e il 7,4% nelle femmine. Il fenomeno raggiunge il massimo fra i 20 e i 24 anni (15,4%). Nella fascia di età successiva, 25-29 anni, la quota si mantiene elevata (19,9% maschi e 4,9% femmine) e decresce con l’aumentare dell’età. Anche l’abitudine di bere fuori pasto è più diffusa nell’Italia del Nord, in particolare nella parte orientale (10,5%); in Friuli Venezia Giulia (13,6%), Trentino Alto Adige (13,4%) e Veneto (12,1%). Tra le donne, a parità di età, sono soprattutto le laureate (4,4%) a bere fuori dai pasti, mentre tra gli uomini sono principalmente gli adulti e gli anziani meno istruiti. C’é anche chi, come il 3% degli italiani con più di 11 anni, dichiara di consumare alcolici fuori pasto almeno settimanalmente e allo stesso tempo di essersi ubriacato almeno una volta nel corso dell’anno. Fra i giovani, si registra il picco più alto di questo duplice comportamento a rischio: il 12,6% nei maschi con 20-24 anni e il 3,2% nelle femmine con 18-19 anni. Altro comportamento a rischio riguarda il consumo giornaliero di alcol con l’associazione del fumo: tra i maschi fumatori il 54,%, contro il 42,8% dei non fumatori, beve ogni giorno bevande alcoliche. Anche il consumo di alcolici fuori pasto almeno una volta la settimana risulta più diffuso fra i fumatori; tra i maschi il 49,3% contro il 36,3%, tra le femmine il 26,3% contro il 13,1%). Emerge, infine, una propensione ad ubriacarsi tra i fumatori rispetto ai non fumatori (tra i maschi il 22% contro l’11,4%, tra le femmine il 6,6% contro il 2,4%). RECORD DI CONSUMI DI ALCOL ALL’EUROPA In Europa si beve più che altrove nel mondo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha calcolato che nella sua regione europea il consumo pro capite è doppio rispetto alla media mondiale, come pure il peso delle malattie alcol-correlate. L’alcol è il terzo fattore di rischio di morte e disabilità, dopo ipertensione e fumo, e il principale fattore di rischio tra i giovani. In generale, la mortalità legata all’alcol è aumentata di circa il 15% dal 2000 al 2002, e attualmente rappresenta il 6,3% di tutte le cause di morte nella Regione. Cifra che sale al 10,8%, se si tiene conto degli anni di vita persi a causa di morte prematura e degli anni di vita trascorsi in stato di disabilità. Sono alcuni dei dati presentati dall’Organizzazione mondiale della sanità nel convegno organizzato oggi a Roma dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in occasione della quinta edizione della Giornata per la prevenzione dell’alcolismo. Il consumo di alcol nell’Europa settentrionale e in quella orientale ha già raggiunto un livello elevato e continua ad aumentare, mentre la diminuzione registrata nell’Europa sud-occidentale negli ultimi decenni sembra essersi arrestata. Sebbene le donne rappresentino dal 20% al 30% del consumo totale della Regione Europea, si tratta della percentuale più alta del mondo. Sempre secondo i dati dell’Oms, “gli uomini hanno una mortalità e un carico di malattie legate all’alcol maggiore delle donne. I giovani sono particolarmente colpiti e, nella fascia di età tra i 15 e 30 anni, più di un terzo del carico di malattia nei maschi e circa il 14% nelle femmine è imputabile all’alcol. Gli effetti negativi dell’alcol sembrano inoltre essere più pronunciati nel caso di interazione con povertà e malnutrizione. I costi dell’alcol per la società sono stimati tra il 2-5% del Pil”. A tale scopo l’Oms ha messo a punto alcune politiche per il contenimento di questo problema negli Stati membri nel documento Salute 21, secondo cui entro il 2015 gli effetti negativi per la salute derivanti da tabacco, alcol e droghe, dovrebbero subire una riduzione significativa.


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